Intervista in esclusiva a Nico Morelli

Avevamo preannunciato un intervista in esclusiva per Pubblinews di Nico Morelli, crispianese doc.
Ci siamo incontrati con lui e volentieri ci ha raccontato rispondendo ad alcune nostre domande, la sua avventura che lo ha portato al successo parigino.
Morelli è pianista di jazz e rappresenta oggi la Puglia jazzistica a livello internazionale attraverso i suoi concerti ed attraverso i suoi dischi.
La sua attività concertistica l’ha cominciata in Puglia e molti si ricorderanno dei concerti da lui tenuti presso i vari festivals e clubs della nostra regione affianco a musicisti di grande notorietà come Roberto Gatto, Roberto Ottaviano, Bruno Tommaso, Paolo Fresu, Stefano D’anna, Flavio Boltro, Paolo Dalla Porta. Molti ricorderanno anche la sua vittoria del primo premio internazionale del festival “Viva il Jazz” di Milano dove Nico si impose con il suo trio su cento candidati arrivando in finale e suonando in diretta per la trasmissione televisiva che fu data in Rai quella sera del 19 maggio 1999.

Iniziamo dal tuo arrivo a Parigi
“Sono andato a Parigi nell’ottobre del 1998, invitato da un mio amico musicista, Flavio Boltro, a tenere dei concerti con lui ed il suo gruppo – Erano gli inizi del mese di ottobre e mi proponevo di fare una piccola vacanza Parigina (come poi è successo) fino al periodo natalizio. Quei due mesi sono stata l’occasione per me di conoscere tanti musicisti che mi hanno apprezzato ed invitato a collaborare. Questo mi ha portato a tornare a più riprese in Francia nei mesi successivi fin quando, visto che il lavoro aumentava, ho deciso di avere una sede stabile a Parigi.
La cosa più importante che Parigi mi ha offerto è stata la possibilità di confrontarmi con tantissimi musicisti di diversa estrazione stilistica arricchendo la mia capacità interpretativa e ampliando le mie conoscenze culturali sul linguaggio del jazz ed in generale della musica. La presenza a Parigi di diverse etnie inoltre rappresenta una grande fonte di ricchezza musicale poiché permette ai musicisti di superare velocemente le barriere imposte dalla propria formazione scolastica. Ancora una volta anche nella musica come nella vita confrontarsi con il diverso porta ad un arricchimento e al superamento dei propri limiti”.

Cosa è cambiato in te durante questa esperienza decennale a Parigi?
“Tanto è cambiato. Dopo dieci anni sono successe tante cose, e devo dire tutte cose belle!….dopo qualche anno che ero li’ ho vinto diversi concorsi internazionali che mi hanno permesso di impormi all’attenzione della stampa francese. Tanto che dopo poco una casa discografica si è interessata al mio lavoro, la Cristal. Nel 2003 mi ha proposto una registrazione al fianco tra gli altri del noto Stefano Di Battista, divenuta Cd ed intitolata “Nico Morelli”. Questo Cd è stato record di vendite in Giappone nel 2004 e cosi’ poco dopo mi è stato proposto un nuovo Cd sul quale sto lavorando da qualche anno e che è uscito a novembre 2006. Ovviamente nel frattempo ho fatto altri lavori discografici. Cito un mio disco in duo con il clarinettista Mauro Negri, un altro bel CD in cui ho collaborato con il chitarrista Michel Perez e André Ceccarelli, Sylvain Beuf, François Chassagnite e Vincent Artaud, ed ancora con Aldo Romano che mi ha invitato come ospite nel suo CD “Because of Bechet” 2005 per la Universal records”.

Hai dei consigli da dare ad un giovane musicista crispianese e cosa ricordi della tua iniziale esperienza?
“Ad un giovane Crispianese direi di non fare gli errori che è facile fare in un piccolo centro, ovvero di non pensare “in piccolo”, di non lasciarsi “bloccare” dai commenti e dai giudizi musicali che spesso arrivano da menti musicali non illuminate e che nelle piccole province fioriscono a bizzeffe celando piuttosto un desiderio di dimostrare di essere quel che non si è. Bisogna prepararsi, studiare, ricercare e lasciarsi andare alla passione, a quella che ti tiene incollato al tuo strumento per ore nella tua stanzetta intento a capire la natura di un accordo o di una frase musicale.
È importante da subito confrontarsi con gli altri e con quanti più musicisti possibile accettando lo sforzo a volte di fare kilometri e kilometri per prendere delle lezioni con chi ci da delle emozioni quando lo ascoltiamo suonare. È un po’ quello che io ho fatto.

Sappiamo che dividi il tuo impegno con il conservatorio “G. Paisiello” di Taranto. Ci puoi dire qualcosa sulla tua esperienza di docente?
“Sono tre anni che mi divido fra la mia attività concertistica e quella didattica presso il Paisiello di Taranto. Sono stati tre anni intensi in cui sto cercando di stabilizzare pian piano il ruolo di un insegnamento come quello del Jazz presso una istituzione che finora aveva avuto solo precedenti musicali di tipo classico. Penso di essere sulla strada giusta ed ho una classe motivata sebbene vittima di una immagine del jazz a volte superficiale e facile. Questa musica merita dedizione e studio come e se non di più della musica “classica”. Il corso che tengo al Paisiello è un corso superiore, quindi destinato esclusivamente a musicisti già diplomati in musica classica e che quindi hanno seguito precedentemente un percorso didattico agli antipodi rispetto all’acquisizione del linguaggio jazzistico. È un po’ come se di colpo si voglia far parlare lo spagnolo ad una persona a cui per venti anni gli è stata insegnata la lingua turca. È un cambio repentino di abitudini che richiede quindi che lo studente si rimetta in gioco al 100 percento . Ci vuol del tempo, ma ci si puo’ riuscire”.

E la tua esperienza in Europa e nel mondo?
“Ho suonato in varie parti del mondo è vero, ma non veramente dappertutto e spero presto di poter recuperare – Non ho mai suonato nell’est dell’Europa ad esempio, non ho mai suonato in Australia, Asia ed in America del sud. Invece ho da poco fatto dei tours negli Stati Uniti, ed ho suonato abbastanza spesso nel nord Africa. Oltre a questi paesi la Francia e L’Italia restano i paesi dove per ovvie ragioni mi produco più spesso.
Io vivo i concerti come degli eventi importanti. Ogni concerto per me è sacro e lo affronto come un momento unico e irripetibile della mia musica e ancor più come un rito della mia via.
Per citare uno dei concerti, ricordo con piacere quello tenuto un anno fa in Marocco al Festival “TanJazz” che si svolge nella splendida città di Tangeri all’incrocio fra Atlantico e Mediterraneo, al termine del quale tutto si trasformò in un incontro di razze, culture,stili diversi. Un grande momento di socialità”.

E in Puglia?
“La Puglia è la mia regione, l’ho girata in lungo e largo specialmente quando ci vivevo, ovvero fino a 10 anni fa circa. Citare tutti i luoghi sarebbe impossibile e rischierei di dimenticarne alcuni e di offendere chi non se lo merita. Dico solo che ho suonato in tutte le province e conservo ogni volta dei ricordi musicali bellissimi anche perché, sembrerà strano, ma suonare davanti la mia gente mi da ogni volta una emozione che non è comparabile a quella che ricevo dal pubblico di altre parti del mondo. Questo perché quando suono in Puglia mi sento a casa e perché amo la mia gente e sento ogni volta che questo amore è ricambiato e mi riempie il cuore”

Il tuo ultimo Cd “UnFOLKettable” è basato sulla fusione della tua passione verso il Jazz e della musica popolare della tua regione: La Pizzica – ci spieghi com’è nata questa idea di mettere insieme questi due linguaggi che potrebbero sembrare cosi’ lontani?Avevi già suonato pizziche e tarantelle prima di questo disco?
“Sono contentissimo di questo mio lavoro, forse l’opera più ambiziosa ed esaltante che abbia realizzato finora; ci tengo a sottolinearlo perché veramente ho realizzato questo progetto con un coinvolgimento totale emotivo e razionale ed il risultato mi piace assai – Ora, come ho scritto all’interno del Cd, sono almeno vent’anni che pensavo a questo disco, ovvero dal momento in cui ho scoperto il jazz ed è da allora che avevo fra le mie fantasie musicali l’idea di fondere la mia passione per il jazz con le sonorità della musica della mia terra, della mia gente – Del resto il jazz nasce come musica popolare, forse troppo spesso ce ne dimentichiamo poiché ha raggiunto un livello espressivo che all’ascolto difficilmente ci svela i suoi legami con la terra – Invece proprio per questa sua prerogativa il jazz conserva fra le altre questa capacità di mescolarsi con ogni tipo di musica di ogni angolo del mondo.
Per rispondere alla seconda parte della domanda dico di no!……non avevo mai suonato pizziche o tarantelle prima, o meglio, avevo cominciato ad introdurre queste musiche un po’ alla volta nel mio repertorio di piano solo e di trio con contrabbasso e batteria, quindi in una formula più jazzistica. Ma ovviamente essendo pugliese, sin dalla mia infanzia ho convissuto in maniera più o meno diretta con la pizzica e le sue leggende”.

Sappiamo che è di prossima uscita un lavoro cinematografico che proporrà un ritratto-documentario della tua vita d’artista. Ce ne puoi parlare e raccontarci com’è nato questo progetto?
“Il progetto del film è nato veramente in maniera bizzarra o almeno inusuale. Ti racconto: nel maggio 2004 ero in Marocco (ancora) per realizzare un tour di concerti organizzati dall’Istituto di Cultura Francese. Ricevetti uno strano messaggio nella segreteria telefonica del mio cellulare in cui qualcuno mi diceva le seguenti parole: “Salve Nico, mi chiamo Julian Marrant (che in francese vuol dire “ridicolo, comico”) sono un regista cinematografico, ho seguito molti dei tuoi concerti, ho tutti i tuoi dischi, adoro la tua musica e vorrei fare un film sulla tua vita,……richiamami che ne parliamo….” . Ovviamente dopo lo stupore iniziale ho pensato che si trattasse di uno scherzo. Forse un amico che contraffacendo la sua voce si stava divertendo a giocare un po’. Ci ho riso su proponendomi di fare una ricerca una volta rientrato a casa per scoprire chi era il “giocherellone”,….ma non ho mai richiamato poiché non ho dato importanza alla cosa. Qualche settimana dopo ero a casa e ricevo la telefonata di questo Julien Marrant che in pratica mi rivela di essere un mio fan e che questa volta senza la mediazione della segreteria telefonica mi spiega il suo progetto e mi da un appuntamento per parlarne. Insomma la cosa è nata cosi’ ed ancora oggi ho difficoltà a crederci. Non avrei mai pensato che mi sarebbe accaduta una cosa del genere, o meglio, sono quelle cose a cui si pensa solo fantasticando. Oggi, dopo due anni di tournage il film è finito, e l’8 Febbraio 2007 è stato proiettato in una sala cinematografica di Parigi. Successivamente sarà proiettato in vari festival del cinema francese ed italiano approdando presto anche alla televisione. A partire dal mese di maggio 2007 sarà messo in commercio un DVD reperibile nei migliori negozi. Il Film si intitola “Abbasciaville” e prende il nome da un quartiere di Crispiano che attraversavo da adolescente per recarmi nel luogo di prove del mio primo gruppo musicale. Grosso modo si tratta di una lunga intervista che mi viene rivolta nella quale racconto il mio percorso artistico partendo dai primi giorni fino ad oggi e ci sono scene di concerti che ho tenuto in Italia, Francia e Belgio. Accanto a questo ci sono interviste a musicisti italiani e francesi con cui ho suonato, come Paolo Fresu, Roberto Gatto, Vincenzo Lanzo, Aldo Romano, Sylvain Beuf, Bruno Ziarelli, Michel Benita ecc ecc. Fra le scene ci sono diversi momenti in cui si ritrae il mio paese di origine, Crispiano in provincia di Taranto.

Nonostante le tue origini crispianesi non ti è mai capitato di tenere concerti nel tuo paese. Ce ne spieghi le ragioni?
Nel corso degli anni mi è capitato più volte di tenere concerti in grandi città ed in piccoli centri abitati. Riguardo questi ultimi mi sono a volte stupito di assistere all’esistenza di grandi festival internazionali che richiamavano migliaia di persone organizzati in piccoli centri urbani come ad esempio (giusto per citarne uno)” il “Berchidda Jazz Festival” in Sardegna. Berchidda è un paese di tremila abitanti ed il festival accoglie oltre 50.000 persone ogni anno. Oppure per citare paesi più vicini a noi parlerei del festival jazz “Fasano Jazz” nel quale ho suonato più volte. In queste circostanze ho potuto constatare che a capo dell’organizzazione di questi festivals c’era sempre un assessore che era profondamente appassionato di jazz e che si faceva in quattro innanzitutto per convincere i suoi colleghi assessori a puntare su attività come queste e poi si faceva in otto per occuparsi dei dettagli organizzativi del festival stesso. Tutto questo per dire che per realizzare attività di questo tipo ci vuole una grande passione accompagnata dal rispetto per questa musica ed un minimo di disponibilità finanziaria per sostenere le spese di tali eventi che poi non sono cosi’ costosi soprattutto se li rapportiamo a quelle manifestazioni di “musica leggera” che le amministrazioni del nostro sud ci propongono spesso spendendo migliaia di euro. La volontà di realizzare tali attività rientra quindi nelle scelte di gestione delle varie amministrazioni, e le scelte, qualunque esse siano, vanno rispettate perché sono il riflesso dei desideri che la comunità ha espresso attraverso il voto. Probabilmente l’amministrazione di Crispiano non sceglie di investire nell’immagine culturale del paese e questa è una scelta che non si puo’ che rispettare. Probabilmente vorrà significare che ci sono altre priorità relative ad altri aspetti della vita sociale.
Parlo di questo argomento con coinvolgimento perché spesso quando sono a Crispiano e a Taranto incontro per strada miei concittadini che si mostrano indignati contro l’amministrazione per non aver organizzato miei concerti e mi domandano con insistenza di fare qualcosa. Ma cosa posso fare?
Crispiano è un piccolo paese della provincia di Taranto già in difficoltà per essa stessa e bisogna darne atto.
Nonostante cio’ noto e do merito al fatto che esistono comunque anche a Crispiano attività culturali e musicali organizzate dall’amministrazione, sebbene non siano di ampio respiro ma piuttosto rivolte ad un pubblico costituito dai soli abitanti del paese stesso.
Il Jazz è una musica “diversa”, nel senso che non è una musica che passa sui mass-media e proporre un concerto a se stante in un centro abitato che non ha l’abitudine di accogliere attività di questo tipo potrebbe portare al rischio di vedere la sala vuota.
Ecco perché sarebbe necessario realizzare un festival che prepari il pubblico nel tempo. Anni fa ho proposto l’idea di realizzare un festival Jazz a Crispiano che abbia una dimensione più internazionale e chissà che non ci si riesca un giorno.

Il Cd di Morelli può essere acquistato sul sito www.dearecords.it, oppure nei migliori negozi di musica.

Fonte: Michele Annese