La chora tarantina

Lo studio effettuato con scrupolosa ricerca dei documenti e dei reperti disponibili da parte della dott.ssa Laera, rappresenta un valido contributo ad un progetto di ricerca molto più ampio “The Murge Project” (Progetto di ricerca dell’Università Libera di Amsterdam, finalizzato allo studio dell’ambiente e del paesaggio delle Murge Meridionali e all’indagine delle dinamiche del popolamento in tale territorio dalla Preistoria all’età Romana, effettuato da più ricercatori e studiosi, specialisti dei diversi settori della ricerca archeologica, afferenti a tre atenei: l’Istituto di Archeologia della Libera Università di Amsterdam, l’Università la Sapienza di Roma, l’Università degli studi di Lecce).
La ricerca di Laera ha lo scopo di ricostruire, attraverso una ricognizione intensiva, l’organizzazione del territorio, all’indomani della fondazione di Taranto (706 a.C.), tra il periodo Arcaico e quello Ellenistico, evidenziando le trasformazioni successive alla colonizzazione greca.
Il lavoro ha avuto un duplice fine, sia quello di verificare le ipotesi, avanzate in questi ultimi dieci vent’anni anni, sull’organizzazione del territorio antico tarantino, dei suoi sistemi insediativi e delle sue trasformazioni in seguito alla fondazione greca di Taranto (706 a.C.), con lo scopo di evidenziare il metodo adottato di volta in volta dagli studiosi e la storia della ricerca sul campo, focalizzando l’attenzione sul territorio di Crispiano ed elencando in maniera sintetica i siti conosciuti o di cui si ha notizia, frutto di una ricerca presso l’Archivio Storico della Soprintendenza Archeologica della Puglia, sia di individuare e verificare, per quanto possibile, i tipi di occupazione del territorio per studiare le trasformazioni o la continuità dei sistemi insediativi nelle diverse fasi cronologiche, prendendo in considerazione la ricerca sistematica di una porzione del territorio effettuata a Nord di Crispiano, in particolar modo tra le Masserie La Pizzica, Cacciagualani e Le Mesole precisamente a Nord, Nord-Ovest di Crispiano e a Nord della Masseria L’Amastuola.
Le ricognizioni sistematiche condotte dalla missione olandese nel 2005 hanno messo in evidenza che l’area indagata era abitata da un sistema di fattorie con annesse piccole necropoli.
I 22 siti individuati nel 2005, di piccola e media grandezza, sono disposti in media dai 100 ai 200 metri di distanza l’uno dall’altra, prediligendo luoghi ricchi di acque sorgive che facilitassero le attività agrarie o artigianali. Inoltre la scelta di installare le fattorie su punti più elevati, sfruttando la pendenza del terreno era dettata, presumibilmente, da ragioni di carattere difensivo; infatti da ciascun sito è possibile vedere sia i siti più vicini, ma anche quelli più lontani e questo non doveva essere casuale.
La ricchezza del materiale ceramico (dalla ceramica a vernice nera, alle figure rosse, acroma, da fuoco, anfore da trasporto), esaminata dalla dott.sa Laera, permette di datare questi insediamenti dalla fine del V secolo al II a.C., un unico sito è stato datato dal II sec. a.C. al III secolo d.C. interpretandolo come Villa Romana.
Questa breve descrizione dello studio della dott.ssa Laera permette di introdurre alcune problematiche che riguardano da un lato la ricerca scientifica di cui è oggetto il territorio di Crispiano da parte della Libera Università di Amsterdam, a partire dal 2003 con scavi stratigrafici presso la Masseria L’Amastuola e le ricognizioni del territorio circostante, dall’altro lato la divulgazione di questi studi scientifici che permettano di rendere fruibili notizie conosciute solo dagli addetti ai lavori (gli archeologi, storici, numismatici, epigrafisti e così via). Infatti come ha detto il prof. G.J. Burgers, in occasione della tavola rotonda sull’Archeologia dei Paesaggi, tenutasi a Roma presso l’Istituto Neerlandese il 15 dicembre scorso «L’Amastuola svolge un ruolo chiave nel dibattito accademico da circa vent’anni» e sarebbe auspicabile che ci si prodigasse al fine di rendere accessibili a tutti scoperte, risultati di studi decennali, in modo da far comprendere l’evoluzione storica del territorio di Crispiano, oggi conosciuto come “territorio delle cento Masserie”, ma che è il risultato di un processo storico che affonda le sue radici ancor prima della fondazione greca di Taranto.
Non bisogna infine dimenticare – dice Laera – che in passato Crispiano è stata oggetto di continui scavi clandestini che hanno messo in evidenza come l’area sia particolarmente ricca dal punto di vista archeologico e quindi storico; l’esempio più famoso è il rinvenimento, negli anni ’30, della tomba degli ori con oggetti d’oro, attualmente esposti al Museo Nazionale di Taranto, di una fattura tale da far ipotizzare la presenza di maestranze orafe nel territorio. Un’ipotesi affascinante, ovviamente da verificare e cercare di contestualizzare dati che spesso sono frutto di rinvenimenti fortuiti o occasionali ma che recuperati ed inseriti adeguatamente in un discorso più complessivo permetterebbero di ottenere un quadro generale delle evidenze archeologiche già edite alle quali si aggiungerebbero elementi nuovi, risultato di ricerche sul campo permettendo così «(…) di decifrare un codice antico quasi cancellato tra le pieghe dei campi coltivati» (F. Cambi, Archeologia dei paesaggi antichi: fonti e diagnostica, Roma 2003, p. 12) e utilizzando tutti gli elementi a disposizione per ricostruire un paesaggio antico trasformato dalle azioni dell’uomo, quindi aggiungere, alle varie strutture politiche, sociali, economiche di cui si ha notizia dalle fonti scritte, dati che altrimenti non potremmo acquisire in altri modi.

Fonte: Michele Annese