GRANDI NARRAZIONI

Il 5 e 6 maggio sono in programma a Crispiano, alla masseria Pilano, le iniziative de “Le Grandi Narrazioni nell’Habitat Rupestre e nella Terra delle Gravine”, previste “sulle orme dei briganti”.
Sabato 5 alle ore 15,30 si inizierà con il Carro dei comici, rappresentazione teatrale per le vie di Crispiano; alle 16,00 apriranno gli spazi espositivi della Folk-Fierart allestita all’interno della masseria, ove si svolgeranno la rievocazione storica del Medioevo Bizantino e la mostra di fisarmonica d’epoca dal 1865 “C’era una volta la fisarmonica”; alle 18,30 seguirà la performance di Giuliano Cameli, organetto diatonico; alle 21,00 musiche e danze da parte del gruppo Uaragniaun.
Domenica 6 maggio alle ore 16,00 riapriranno gli spazi fieristici; alle 17,00 sarà presentato il concerto Ferri Brass Quintet; alle 19,00 convegno “Sulle orme dei briganti”; alle ore 20,00, musica e danze con il gruppo Terrae in “Le terre del rimorso”.
Correlate alle due giornate sono previste mostre fotografiche, video-proiezioni, rievocazioni storiche, degustazione dei prodotti tipici e su prenotazione, escursioni nelle mattinate del 5 e 6 alle ore 10,00 e il pomeriggio alle ore 16,00 (prenotazioni e informazioni “Palingenesi” s.a.s.” e-mail info@palingenesi.it – tel. e fax 099.8866041 oppure 340.2329471).
Il direttore artistico Giovanni Tamborrino richiama una massima di Karol Wojtyla “L – uomo attraverso la sua attività è autore di molti effetti al di fuori di sè, con la sua azione egli dà forma alla realtà circostante” e alcuni scritti del filosofo francese J.F.Lyotard – la condizione postmoderna – , pensando all – arte, come una delle grandi narrazioni perdute, sottolinea “La narrazione non è violenta, ci educa all – ascolto , il narratore non urla mai, non corre, usa le giuste pause, è insomma una persona pacifica. Nelle società tradizionali il sapere si esprime in forma narrativa, ovvero in una serie di racconti. Essi definiscono ciò che può essere detto e fatto nella cultura: molte sono le risposte che vengono dai racconti. Con la nascita della scienza, ci troviamo in presenza di una forma di sapere composta da un gioco che non trae alcuna validità dal semplice fatto di venir riferito, ma che richiede, per essere accolto, una serie di argomenti o di prove. Infatti agli occhi della scienza, le narrazioni tradizionali si configurano come prodotti di una mentalità selvaggia o primitiva, basata sull – opinione, sull – autorità e sui pregiudizi: “I racconti sono favole, miti, leggende, buoni per le donne e i bambini”. Ed ecco che la funzione narrativa perde i suoi fondatori, i grandi eroi, i grandi pericoli, i grandi peripli e i grandi fini. Nell – ambito della società post-industriale, contrassegnata dal decollo della tecno-scienza capitalistica e dai processi di informatizzazione e mercificazione del sapere, assistiamo al declino dei grandi racconti unificanti della modernità”.
“Le grandi narrazioni – prosegue Tamborrino – hanno perso la loro credibilità perché molto è cambiato nelle nostre esistenze. Si è spinta la gente a non credere più, seppur avverte una profonda nostalgia per il Fondamento. Non crede più che ci sia una linea escatologica, un cammino verso un fine, assistiamo così, al definitivo tramonto della credenza in una storia finalisticamente orientata. L – effetto depistante che tutto ciò può esercitare sul sapere, è chiaro. Lyotard sostiene che il semplice criterio tecnologico dell – operatività non è affatto pertinente per giudicare del vero e del giusto. Il sapere scientifico non può sapere e far sapere che è il vero sapere, senza ricorrere all – altro sapere: il racconto, che è per lui il non-sapere”.
Conclude “per ritornare alla pienezza dell – umano, ed evitare di essere avvolti dall – informatizzazione generale, abbiamo immediato bisogno del ritorno delle grandi narrazioni. Può un progetto artistico essere mezzo per una verifica dello stato della cultura, dopo le trasformazioni subite dalle regole dei giochi della scienza? Questa è la domanda che ci poniamo. Lo sviluppo delle arti nella società non è, e non deve essere pensato solo come utilitaristico, non deve attirare semplicemente il turista (come nel nostro caso), ma deve aprire anche a tante altre domande. Domande che potranno farci individuare le perdite. Ad esempio il profitto in una direzione, non deve essere sostitutivo, deve essere un accrescimento. Se la scienza guadagna strada lasciandosi lo spirito affannato alle spalle, non è un buon guadagno”.

Fonte: Michele Annese