“Quando nel meridione il pericolo cominciò a diminuire, alcuni sfollati rimasero nel nostro paese, altri ritornarono a Taranto, ma tutti serbarono piacevoli ricordi e, molti di loro ancora viventi, rievocano quei tempi vissuti a Crispiano. Dopo il 1945 il trincerone rimase abbandonato, essendo la natura del terreno molto argilloso, facilmente si riempiva d’acqua piovana e per questo nei mesi estivi molti giovani lo usavano come luogo dove poter fare veri e propri bagni e, dove i giovani tarantini e crispianesi fraternizzavano. Con il trincerone, a Crispiano ebbe inizio una nota tradizione: durante il periodo pre-natalizio, i ragazzi prelevavano l’argilla, lavorandola per realizzare bellissime statuine, per addobbare il presepe. Questa tradizione durò sino all’avvento del boom economico degli anni 60-70. Ancora oggi incontriamo settantenni che ricordano quel periodo, in cui all’evasione di un bagno si univa la sospirata attesa di tempi migliori. I tarantini che si fermarono a Crispiano portarono nuove tradizioni popolari, motti, proverbi; tra questi si ricorda quello: “tenere’a mùtrie”. Sconosciuto a Crispiano anche per il suo significato, pur essendo parola Italiana. A mutrje = la faccia tosta – motto dialettale adottato durante lo sfollamento di famiglie Tarantine rifugiate a Crispiano nel periodo della guerra 1940-45.[ Mùtria= espressione del volto abitualmente accigliata, chiusa ad ogni moto di simpatia, – voc. Devoto – Oli]. Le famiglie rifugiate furono circa un centinaio, gli uomini specialmente i capi famiglia, durante quel periodo continuarono il rapporto di lavoro, al cantiere navale F. Tosi, in Arsenale militare o in altre attività. Le strade del nostro paese, nessuna era asfaltata; per giungere a Taranto si viaggiava in treno con la locomotiva a carboni, i vagoni si riempivano di lavoratori, impiegando circa un’ora per giungere nel capoluogo.
Nel triste periodo 1940/45 i Tarantini rifugiatisi a Crispiano, condussero una vita modesta e al tempo stesso piena di speranza, riconoscevano, la laboriosità della gente che li aveva accolti, tanto che dopo più di mezzo secolo, si riscontrano testimonianze di gratitudine. Trovarono generi alimentari genuini; nel paese prevalentemente agricolo si producevano derrate d’ogni genere, cereali, vino, frutta e verdure nostrane in qualsiasi periodo dell’anno, prodotti che in città era difficile trovare. Rinomata era la squisitezza dei fichi secchi. Alcuni trasportatori tarantini, con “ u quatte rote” tirato da tre cavalli, sino a tutti gli anni 50 arrivavano carichi d’arance nelle ceste fatte di sottilissime strisce di legno castagno; arrivavano al porto di Taranto dalla Sicilia. Le arance non si vendevano, ma si scambiavano con i fichi secchi. Il pane che si produceva a Crispiano era tanto fragrante che, ancora oggi, molti tarantini ricordano la“ mezzaluna” tipico del panificio-molino Cervo e figli, che distribuiva il pane anche in provincia. I luoghi dove vennero ospitati gli sfollati furono diversi: alcuni trovarono piccole abitazioni in fitto, molti ospitati nelle famiglie ed altri nella casa convento Spezzaferri, dove risiedevano, dagli anni 30 “ le Suore delle Piccole Ostie” . Il luogo era indicato così dal nome di Suor Margherita Spezzaferri detta la” monacona” per la sua autorità e imponenza. Così descriveva il compianto Don Sebastiano Fattizzo, nella miscellanea curata dal direttore della Biblioteca Carlo Natale di Crispiano. Le diverse famiglie accolte dall’ex concento Spezzaferri, si trovarono a loro agio poiché ubicato adiacente alla stazione ferroviaria. Il portone del convento da cui si accedeva ad una larga scalinata, portava nella cappella, era separato dal caseggiato che serviva come guardiania. Sulla facciata esterna ben visibile, c’era una scritta, in alto l’effige del Duce e sotto la frase: bisogna dare la terra agli Italiani. La casa Spezzaferri, nel 1950, durante i lavori di restauro della Chiesa Madonna della Neve, funzionò da Chiesa Parrocchiale, allora Arciprete Monsignor Maria Giuseppe Caforio. Il convento in seguito fu gestito dai Padri Passionisti. Alla fine degli anni 70 lo stabile fu venduto e demolito in parte, quello rimasto, precisamente al numero civico 29 della Via Foggia è stato abbattuto nella prima decade del mese di marzo 2007. Nel periodo della guerra e, subito dopo, i giovani sfollati tarantini più emancipati nel praticare il gioco del calcio, diedero inizio alla formazione di una squadra. Pochi giovani crispianesi furono coinvolti, poiché i ragazzi a 6-7 anni erano istradati al lavoro in campagna o alle botteghe artigiane fiorenti in quell’epoca. Girolamo Basile oggi 86enne insieme con Cataldo Vinci (in seguito divenuto presidente) fondarono “ La Garibaldina” squadra rispettata e temuta in tutta la provincia, per il suo valore. Basile, in seguito divenne allenatore della squadra. Il nostro paese è ricordato dagli sfollati, anche per il suo clima mite. A tal proposito riportiamo un breve estratto del discorso fatto dal primo sindaco l’Illustre Pasquale Mancini, all’atto del suo insediamento il 15 Novembre 1920 : … Avendo chiara la visione di preparare il nuovo Comune al grande avvenire che l’attende, sperando ad eventi propizi per vivere di più e meglio, promuovendo l’istruzione, l’educazione, l’igiene, l’assistenza e il benessere degli abitanti e, di vedere fra non molto il Comune di Crispiano sedere fra i Comuni della grande Patria. Con il plauso della sua gente lo renderà ambita stazione climatica…> Già sin d’allora Crispiano era zona salubre, confermato – tra l’altro – dal Contratto collettivo di terra Jonica per i braccianti agricoli del 30 Novembre 1933, ratificato dalla Confederazione Nazionale Fascista degli Agricoltori, in data 7 Dicembre 1933 – XII. Articolo 11 del contratto: premesso che dei 27 comuni della provincia di Taranto, 26 hanno zone malariche, essendone escluso il solo Comune di Crispiano, i lavoratori di tutti gli altri Comuni, percepiranno un’indennità giornaliera di centesimi 50 per quelli che non pernottano in campagna, centesimi 40 per quelli che pernottano. Nelle zone malariche il lavoro dovrà avere inizio mezz’ora dopo il sorgere del sole, e fine, un’ora prima del tramonto. Firmato: il Medico provinciale Cav. Dott. Cesare Cocchia. Crispiano, dopo quasi cento anni dalla sua autonomia, rimane un paese ospitale per la cordialità degli abitanti e per la ricezione enogastronomica del luogo. (fine)
Fonte: Michele Annese