Franco Santoro ci ha inviato una sua riflessione sulla crispianesità, nell’ambito della ricerca storico-culturale che egli conduce da diverso tempo.
La pubblichiamo qui di seguito come contributo a quanti come lui, sono impegnati a valorizzare le proprie radici culturali e sociali.
«La crispianesità ha un’etica esigente con un Dna particolare, perché a Crispiano non ci si può limitare ad essere solamente crispianesi di residenza, non basta dirsi crispianesi per essere crispianesi, bisogna anche dimostrarlo. Il legame stretto con il paese, il rapporto necessario, la verifica inoppugnabile si fonda sulla “ lingua parlata” srotolando quel cordone che lega al luogo natio: le tradizioni, gli usi, i costumi e le devozioni religiose, che temprano distinguendo. I crispianesi possono esigere quell’etica proprio attraverso la “lingua parlata“, sebbene i fuochi pirotecnici della cultura moderna segnino la fine di tutte le babeli linguistiche, favorendo la “Global English”, che induce a sua volta, le nuove generazioni a non conoscere le proprie origini. Quel cordone mai reciso di cui parlavamo prima, obbliga ad essere testimoni morali dei nostri avi, tanto da riconoscerci proprio nella loro “lingua parlata”: il dialetto crispianese. Il nostro dialetto appartiene a quelle parlate dialettali che nel tempo subirono influenze provenienti da diverse aree linguistiche circostanti, (pugliesi e salentini) ma ha avuto un’identità sua particolare. A modellare questa particolarità hanno concorso vari fattori di natura sociale, politica ed economica. Uno studio storico attento delle diverse realtà locali aiuta a comprendere meglio i processi linguistici, che hanno poi definito i diversi dialetti. In monografie regionali della carta dei dialetti italiani, lo scrittore P.G.B. Mancarella traccia una proiezione geolinguistica della penisola salentina e, secondo uno schema ben articolato, Crispiano si troverebbe in quell’area dei dialetti a sistema di transizione. L’illustre studioso tedesco Gerhard Rohlfs, definisce il sistema dei dialetti del tarantino come facente parte di una zona di transizione fra il sistema di tipo napoletano, riscontrabile nei dialetti pugliesi, che arriva sino al Gargano, e quello di tipo siciliano, rilevabile nei dialetti della parte più a sud del Salento, senza trascurare quelle notissime influenze greco-latino-normanne, da molti studiosi insigni di linguistica, a volte affermate altre volte smentite. Altri studiosi sostengono la persistenza della lingua greca nell’area dei dialetti tarantini, altri di quella latina, altri, infine, rilevano le influenze linguistiche messapiche e normanne. Crispiano si è trovato a subire una serie d’influenze linguistiche di “transizione maggiore”. Riconosciamo che il paese ha avuto un’identità politica propria in epoca recentissima (autonomia del paese 14 Novembre 1919). Le origini della fondazione dell’abitato, i suoi primi nuclei abitativi ebbero origine dalla vicina Martina Franca ed in seguito subirono influenze tarantine, dal momento che ne faceva parte come frazione. Essendo una località in fase di sviluppo urbanistico, accolse fra le sue mura molti altri cittadini dalle più svariate zone, con loro i costumi, le usanze e la parlata. Questo fa si che nel dialetto crispianese si riscontrino parole simili a quelle dei paesi limitrofi ma non uguali nella pronuncia. Le disuguaglianze, a volte notevoli rispetto alla pronuncia dei centri viciniori hanno contribuito a creare una “parlata tipica” del territorio differente da quella martinese, tarantina, massafrese e di altre località che inglobano i dialetti cosiddetti pugliesi, estendendosi con una certa uniformità fino alle zone garganiche. Disuguaglianze nette si riscontrano nel versante orientale (Montemesola – Grottaglie – San Giorgio), anche se in queste zone, comprese tutte quelle salentine – come affermano gli esperti di fonetica e di glottologia- ci sono molti vocaboli che hanno la stessa radice e provenienza greco-latina.Da queste considerazioni deriva la nostra tesi per quell’etica della crispianesità, che genera una sua identità particolare. Quell’etica che ci vuole difensori morali dei nostri avi e di quella crispianesità da loro fondata, senza confondersi con chi vorrebbe cingersi di crispianesità, ma non ne hanno i titoli perché abituato a vocaboli o parlate brindisine, salentine o baresi. In altre pubblicazioni (U Calèndarje Nustre 2006 e 2007) con modestia dopo esserci consultati con studiosi esperti di fonetica, abbiamo presentato una scheda che possa regolare sia la scrittura sia la pronuncia della nostra “lingua crispianese”, per darne uniformità ed omogeneità, recuperando così, quei valori fonetici, grafici, grammaticali e logici che ordinano ed armonizzano la “ lingua dialettale” e anche per dare una connotazione al nostro modo d’essere crispianesi»
Fonte: Michele Annese