LA RICETTA DI SCIALPI

CRISPIANO – Professione: architetto. Età: 59 anni. Coniugato, tre figli, Giuseppe Scialpi del Ps, già sindaco di Crispiano dal 1984 al 1986 e dal 1987 al 1992, si ripropone come candidato a primo cittadino con la lista civica “Per Crispiano. Scialpi Sindaco”. Una lista molto variegata dal punto di vista politico, che comprende consiglieri uscenti e veri e propri “debuttanti”.
-Qual è secondo lei l’attuale situazione a Crispiano?
“E’ di isolamento della comunità rispetto ad un circuito di relazioni, per uno scollamento tra pubblica amministrazione e cittadini. E’ da qui che bisognerà partire per tracciare un nuovo percorso, riprendendo un lavoro svolto a fine anni ’80, quando il concetto di protagonismo attivo era molto presente nei pensieri di chi amministrava. Si era creata la condizione di difesa dell’orgoglio di appartenenza, che nei piccoli comuni è la risorsa più grande”.
-Quali sono i punti fermi del suo programma elettorale?
“Il Pug, che non può essere solo tecnico, ma anche condiviso e non solo da chi sta nel palazzo. Occorre coinvolgere chi deve farlo diventare operativo, realistico e ciò accade se c’è una domanda, ovvero occorre vedere quanti a Crispiano vogliono investire, contribuire. La bozza va discussa con operatori economici, singoli ed organizzati, con associazioni, culturali e di categoria, con tecnici. Questa è la maniera democratica di fare le cose. Poi occorre un monitoraggio continuo delle zone degradate e salvaguardare ciò che c’è, facendo diventare ciò che non c’è.”.
-Pug e zona industriale, due “vecchie” questioni per Crispiano: come saranno affrontate?
“Ho poche idee, ma molto chiare. Bisogna pensare non solo in termini di territorio amministrativo, ma di pianificazione, di localizzazione degli insediamenti. Tanto che adesso si inizia a parlare, anche se altri hanno fatto studi 20 anni, di Area vasta, un contenitore che deve avere una logica insediativa che non può essere più: ognuno si fa il grande servizio. Una zona industriale c’è, ci sono già degli insediamenti, operatori che hanno investito e quella zona va completata. Ci può essere la previsione di una nuova zona a ridosso della 172, ma a mezzo chilometro ci sono aree Pip libere”
-La prima realizzazione se diverrà sindaco?
“Creerei un rapporto diretto con quanta più gente possibile, con la comunità, invitandola a fare un patto di compartecipazione, in cui ognuno si senta protagonista. Non bisogna chiudersi nel palazzo, anche se non si possono decidere le cose tutti assieme, sarebbe assemblearismo. E la piazza: deve essere tutta vivibile”.
-Cosa risponde a chi l’accusa di aver creato una lista priva di una precisa identità politica?
“Non è una cosa inquinante o uno scandalo. Son persone che lavorano bene e per me è ciò che conta, poi politicamente ognuno ha le sue convinzioni. E quando qualcuno si chiede dove andremo, io rispondo che lo schema di appartenenza non dà dei ritorni. A Crispiano la storia insegna esattamente il contrario.”.
-Cosa pensa del suo concorrente Laddomada?
“Non ho mai lavorato con lui. Ognuno potrebbe avere buone caratteristiche, però una squadra deve lavorare in sinergia e il sindaco deve avere una visione d’insieme. Un punto di debolezza è che anziché avere una visione lungimirante rincorre le piccole cose, con atteggiamenti molto spesso opinabili, che per chi è collocato in un partito progressista non dovrebbero proprio esistere”.
-E di Serio?
“Non lo conosco bene, presumo sia una brava persona, che può dare un contributo notevole al paese, anche se non so come sindaco. E’ giusto che la crescita politica o amministrativa di un individuo avvenga per gradi.”.
-Tre motivi per cui gli elettori dovrebbero scegliere lei e la sua lista?
“Potrebbe apparire presuntuoso, ma io non sono uno che si propone per la prima volta e il giudizio su ciò che ho fatto si appartiene alla coscienza dei crispianesi. Ora c’è bisogno di chi ha curato le relazioni molto bene. Inoltre la squadra è composta da persone serie e capaci di amministrare, con cui c’è affinità. Il terzo motivo è che il nostro è l’ultimo atto di amore verso la comunità, poi passeremo il testimone, dopo aver consolidato un modello comportamentale”.

Fonte: Paola Guarnieri