Don Tonino lasciatelo… in pace!

Probabilmente se la ride da lassù don Tonino Bello, vescovo di Molfetta a cavallo tra anni Ottanta e Novanta, nonché presidente dal 1985 fino alla sua morte, avvenuta nel 1993, di Pax Christi Italia, movimento cattolico internazionale per la pace.
Don Tonino allungherà la lista dei 9.900 tra santi e beati venerati dalla Chiesa cattolica? Sarebbe una delle cose peggiori da fare in memoria di questo santo uomo, rispondono molti che lo hanno frequentato a lungo. Il rischio, la preoccupazione è che per compiere questo piccolo miracolo le alte sfere ecclesiali preferiscano anteporre alcuni aspetti, pur sempre esemplari della vita di don Tonino, al posto della sua fondante spiritualità di pace, che lo portò più e più volte ad essere lasciato solo, martirizzato in vita da alcuni suoi stessi fratelli consacrati.
Chi lo ha conosciuto da vicino racconta di parole e gesti simbolici, carichi di profezia, compiuti da don Tonino in mille occasioni: dalla richiesta di un vigile di spostarsi con la sua piccolissima utilitaria, all’arrivo nelle strade della sua diocesi di Molfetta nel novembre dell’82, ma in realtà era lui il nuovo vescovo che aspettavano, agli intrattenimenti nelle serate conviviali al suono della sua fisarmonica, perché la pace, in uno degli slogan più fortunati di don Tonino, altro non è che “la convivialità delle differenze”.
Don Tonino il poeta scrisse molto e parlò ancora di più con quel suo inconfondibile accento salentino: “La pace non è una delle mille cose che la Chiesa evangelizza. Non è uno scampolo del suo vasto assortimento. Non è un pezzo, tra i tanti, del suo repertorio. Ma è l’unico suo annuncio. Quando parla di pace, perciò, il suo messaggio è già esauriente”.
La sua voce forte, come le sue braccia da abile nuotatore amante del mare pugliese, risuonò vibrante nel 1986 durante un incontro dei giovani all’arena di Verona: “In piedi costruttori di pace”, urlò al microfono. Lo ripetè spesso fino alla fine, anche sotto le bombe di Sarajevo, quando nel Natale del 1992, quattro mesi prima della sua dipartita, ormai consumato dal tumore e dalla fatica, don Tonino entrò nella capitale bosniaca assediata dai serbi con altri cinquecento pacifisti, in gran parte italiani, di Pax Christi, dei Beati costruttori di pace e di altri movimenti laici e cattolici. Era un esempio embrionale e futuristico dei ‘Corpi civili di pace’, dei cosiddetti ‘Caschi bianchi dell’Onu’, che con la loro interposizione nonviolenta chissà tra quanti anni diventeranno la prassi nei conflitti internazionali.
Don Tonino condivideva con la punta più avanzata del pacifismo italiano la ‘Dpn’, ossia le strategie di Difesa popolare nonviolenta al posto degli eserciti che prima o poi dovranno sparire, l’Osm, l’Obiezione di coscienza alle spese militari, che consisteva nel non pagare, al costo pesante di farsi pignorare in casa, la quota parte di imposte dovute allo Stato che finiscono per finanziare le forze armate.
Uno dei suoi più stretti collaboratori, don Tonio Dell’Olio, attuale responsabile di ‘Libera’, ricorda come don Tonino sapeva “valutare e promuovere azioni concrete, mai approssimate ma sempre frutto di una lettura attenta della realtà”. Alcune battaglie perfino le vinse: dalle proteste riuscite contro l’ipotesi del trasferimento degli aerei Nato F16 nella base di Gioia del Colle, alla lotta contro il tentativo di sottrarre migliaia di ettari di terreno a contadini ed allevatori della Murgia barese per farne un enorme poligono di tiro, passando per la sua appassionata adesione al cartello ‘Contro i mercanti di morte’, che portò nel 1990 all’approvazione della Legge 185 che limita il commercio all’estero delle armi italiane.
Quando morì il suo corpo fu riposto in una cella comunale del cimitero nella natia Alessano (Lecce). A furor di popolo è stato poi eretto un mausoleo a forma di anfiteatro, nemmeno troppo brutto, nel quale riposa attualmente in piena terra. Una meta alternativa al turismo religioso pret-à-porter.
Chi sono i don-tonino di oggi? Quali riferimenti pastorali possono avere i cattolici del dissenso per rimanere ancora, con sofferenza, in seno della Chiesa cattolica romana? Innumerevoli brezze calde di cambiamento e di speranza si insinuano nella chiesa di papa Ratzinger nel suo spazzare via l’ecumenismo tessuto in decenni di paziente lavoro, le novità del Concilio Vaticano II, la difesa della vita non solo nel suo nascere ma in tutti i momenti dell’esistere in terra. In attesa di beatificarli, forse (post mortem), gridano dai tetti molte sentinelle della notte: tra queste don Luigi Ciotti contro le mafie, padre Alex Zanotelli per l’Acqua bene comune, don Albino Bizzotto a favore degli immigrati e contro il ritorno al nucleare in tutte le sue forme.
Dove sono i pacifisti? L’imperitura domanda ha in questi giorni una piccola risposta anche in Puglia. Viene dai contemplativi in azione, i missionari: il prossimo 24 settembre ad Alessano farà tappa uno dei tre tronconi della Carovana italiana per la pace dal titolo ‘Libera la Parola’. Si tratta di un appuntamento nato nel 2000 con il Giubileo, su iniziativa dei missionari comboniani, e rilanciato quest’anno alla sua quarta edizione, con il contributo di tutti gli istituti missionari italiani.. Nella mattina del 26 settembre la Carovana e i suoi pellegrini si sposteranno a Mesagne e poi a Cisternino, perché “quando senti il desiderio di comunicare e uscire da te stesso, guardarti intorno, metterti in cammino con gli ultimi, quando ti impegni per la giustizia, la pace, la riconciliazione… è allora che sei in Carovana!”. Tutte le tappe aggiornate quotidianamente su www.carovanadellapace.it

Fonte: Cataldo Zappulla