Se a rispondere al Test di 56 domande, scaricabile dal sito nazionale del Codacons, presieduto dall’avvocato Carlo Rienzi, sono i ragazzi e i loro docenti, le risposte in più di un caso cambiano. Ma prima va detto sinceramente grazie alla dirigenza della scuola superiore crispianese per la disponibilità accordata. L’argomento è tra i più seri. Tutte le classi hanno collaborato a questo test.
Spulciando tra i trenta questionari compilati, normalmente sottoposti dal professore coordinatore di classe all’intero gruppo degli studenti, spicca un dato costante per un buon numero di domande, le più tecniche: “Non sappiamo” è la risposta standard, in altre copie l’estensore materiale delle crocette di risposta traccia un punto interrogativo al lato della domanda, in altre ancora le caselle corrispondenti sono lasciate in bianco. In effetti il test aveva come obiettivo primario il far prendere consapevolezza a ragazzi e professori che, per la sicurezza a scuola, bisognerebbe pensare ad una montagna di particolari. Ragazzi e probabilmente i professor, spesso neppure ci pensano di abitare ogni giorno in luoghi potenzialmente poco sicuri.
Due precisazioni prima di addentrarci nel vasto mare delle risposte. Equivoci causati dalla formulazione non sempre felice di certe domande può aver falsato, in un numero fisiologico di casi, le risposte. Spiace non potere citare, per ragioni di spazio, tutte le classi che hanno aderito a questa autovalutazione.
Si notano diverse contraddizioni tra le classi e le risposte prese da noi a riferimento, quelle date del tecnico incaricato dalla dirigente scolastica per la sicurezza. Eppure, le diverse risposte al questionario dovrebbero, in teoria, essere perfettamente sovrapponibili a quella ufficiosa (non firmata in calce) dal consulente scolastico in tema di disastri possibili, l’ingegner Casieri.
Per esempio, dice ‘No’ la classe 5A dell’Ipssar. I ragazzi “non sanno come comportarsi in caso di incendio, alluvione, terremoto” (domanda n.3, alla quale rispondono invece ‘Si’ più classi, comprese la 3.B e la 2.E). Il tecnico scriveva naturalmente Sì.
Sempre per la 5.A “ogni alunno ha a disposizione almeno 1,96mq a testa netti”, al contrario di quanto affermato da altre classi, una per tutte la 1.A Itc (Ragioneria), la 1.F e numerose altre. I ragazzi di molte classi rispondono di non conoscere, alla data del 1° dicembre, né il segnale di allarme convenzionale, né se esiste un piano di emergenza (per esempio la 3.A, i più giovani della 1.G Ipssar al contrario rispondono affermativamente), oltre alle norme di comportamento in gran parte non conosciute. “Non sono stati adottati accorgimenti per abbattere (tutte) le barriere architettoniche verso i diversamente abili”. Per fortuna, non ci sono “intonaci, materiali che cadono o spigoli vivi”, secondo il responso di quasi la metà dei questionari.
Al punto n.3 i ragazzi della 2.A Itc affermano che “sanno come comportarsi” in caso di emergenza (al contrario dei cadetti della 1.D). Due domande dopo, però, rispondono di “non conoscere il punto di raccolta per le emergenze”, così come i loro colleghi più giovani della 1.D. I giovani della 2.D vanno a fiducia: dicono di non conoscere dov’è il punto di raccolta per le emergenze, ma subito dopo, alla domanda n.6 rispondono che “il luogo sicuro è a meno di 60 metri da ogni punto della scuola frequentato da persone”.
Segnalazioni che giriamo volentieri a chi di dovere per le opportune verifiche: i ragazzi di molte classi scrivono che i bagni non sono adeguati (almeno nel numero, eccezion fatta per i ragazzi più ottimisti della 1.D, della 2.A Itc, ecc.). I maturandi della 5.A appuntano a penna che “comunque molti Wc sono rotti”.
‘No’, in generale molti studenti “non ritengono che vengano rispettate tutte le norme d’igiene, prevenzione e sicurezza” (domanda n.50), così la 1.E, la 3.A e la 3.B ed altre (al contrario della 1.A Itc per esempio).
Nessuno conosce il nome del medico nominato dalla scuola e se ha i titoli necessari (domanda n. 17)
Il Certificato di prevenzioni incendi (Cpi) secondo la 1.A c’è (di pari passo alla risposta data dalla 1.E, dalla 2.D, ecc.), invece è ‘No’ secondo il Responsabile della sicurezza della scuola.
Varietà di risposte anche in merito al punto 1 del questionario: le prese elettriche hanno o no i fori che si chiudono quando viene estratta la spina? Le classi si dividono pure su questo, anche se è un argomento facilmente verificabile. Vi sono fili elettrici scoperti, secondo la 1.G Ipssar. E non è la sola a scriverlo.
Tra i Sì e i No delle risposte ondivaghe, classe per classe, citiamo poi la 4.A della Ragioneria che, come tante classi sorelle, “non è stata informata che igiene e sicurezza sono diritti costituzionali e garantiti dalla carta dei diritti degli studenti e da quella dei servizi scolastici” (domanda n.9). Subito contraddetta, però, dalla 5.B che risponde di Sì.
Nessuno conosce come si chiama lo stesso Rspp (il responsabile per la sicurezza).
Quasi tutte le classi dicono che non ci sono ripetitori di cellulari nelle immediate vicinanze della scuola, in realtà è Sì (la domanda forse permetteva qualche equivoco, perché chiedeva anche se sono state fatte “misurazioni dell’elettromagnetismo”). Domanda n.48: “L’auditorium o l’aula magna, ha un sistema di aria forzata per permettere il ricambio dell’aria?”: citiamo una nota scritta dagli studenti dalla 3B: “Non ce l’abbiamo”.
Infine, un ruolo fondamentale viene giocato spesso, in tema di sicurezza, dalla percezione del rischio. È un fatto individuale e collettivo, che non dovrebbe essere lasciato alla cabala. Teoricamente tutti dovrebbero essere, alla stessa maniera, informati su cosa e come fare in caso di emergenza. La percezione dei rischi se è falsata può fare danni. Sottovalutare i pericoli, se e quando ci sono, d’altro canto, può essere anche molto più dannoso
Fonte: Cataldo Zappulla