Il governo approva le norme “antistupri”

Con l’ennesimo decreto legge il governo modifica in senso repressivo il codice penale, quello di procedura penale e l’ordinamento penitenziario. Introduce il reato di “atti persecutori”, dopo quello di immigrazione clandestina introdotto col Ddl sulla sicurezza, allunga i tempi della detenzione preventiva, porta a sei mesi il periodo di trattenimento nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione), dà il via libera ai sindaci per l’adozione di ronde di volontari ‘per la sicurezza’.

La violenza contro le donne viene dunque affrontata esclusivamente come problema di ordine pubblico, nonostante il movimento delle donne da anni affermi che si tratta innanzitutto di un problema culturale, legato alla percezione che gli uomini hanno del corpo delle donne e della sessualità. Il che spiega perché l’assoluta maggioranza di violenze si consumi entro le mura domestiche.

L’unica forma di prevenzione che il decreto prevede è invece l’allungamento della reclusione nei CIE e le ronde (ovviamente fatte da uomini, meglio se ex poliziotti), avvalorando la tesi che i migranti irregolari o in attesa di identificazione siano tutti potenziali stupratori e che siano volontari di sesso maschile, cioè gli autori delle violenze, i più adatti a prevenirle.

Altrettanto grave è l’evidente strumentalità di questo provvedimento, urgente perché a Maroni serviva risolvere subito il problema di adattare la nostra legislazione al contenuto dell’accordo siglato con la Tunisia che prevede i rimpatrii in sei mesi. Per questo gli occorreva un decreto ad hoc che allungasse i tempi dei trattenimenti nei CIE, visto che l’analoga norma contenuta nel Ddl 733 è stata bocciata dal Senato. Altro che misure antistupro! Dopo il disastro di Lampedusa il ministro spera di rispondere così all’emergenza che lì si è determinata a causa delle sue scelte.

D’altra parte, se la preoccupazione fosse davvero soltanto quella di punire la violenza sessuale, il luogo di reclusione a ciò deputato sarebbe la galera, non il CIE.

Insomma, si procede nella codificazione di un diritto speciale per i migranti spacciandola come risposta a problemi culturali e sociali che meriterebbero di essere affrontati con ben altri strumenti.

Infine, il decreto assegna altri 100 milioni per la sicurezza al Ministero dell’Interno, mentre le risorse per l’integrazione degli stranieri ammontano a zero euro. Questo dato basta più di tante parole a esemplificare la politica sull’immigrazione di questo governo: perseguitare, reprimere, cacciare.

Fonte: Trisciuzzi Vito – Presidente Comitatro Arci Valle