HO ANCORA NEGLI OCCHI QUEGLI ATTIMI TREMENDI SUL VOLO BARI – DJERBA

C’è amarezza ed un forte velo di tristezza nella voce e nello sguardo di Luciano Lucaselli, il giovane di Crispiano sopravvissuto con la fidanzata Rosanna Di Cesare all’incidente aereo avvenuto il 6 agosto 2005 a Capo Gallo, nei pressi di Palermo. Con loro, su quel volo maledetto diretto a Djerba, anche la mamma di Luciano, Anna Palma Palmisano, una delle 16 vittime.
Lunedì è stata posta la parola fine al processo di primo grado: poco meno di 60 anni in tutto ai due piloti, al direttore generale, al direttore tecnico e ad alcuni responsabili e tecnici della compagnia Tuninter a cui apparteneva l’Atr72 precipitato. Impossibile dunque non commentare la sentenza con Luciano Lucaselli e ricordare quei momenti, anche a costo di riaprire vecchie ferite.
Come mai lei non era presente al processo?
«Ho preferito non esserci, l’emozione ed il dolore sarebbero stati troppo forti e mi avrebbero sopraffatto».
Che cosa ha pensato quando ha saputo l’entità della pena?
«Sono rimasto fortemente deluso e mi è sembrata quasi una pena inutile. Non che la condanna faccia ritornare in vita le persone care che non ci sono più, ma almeno sarebbe stata fatta veramente giustizia. Le vittime sono state 16, già dando una pena di 2 anni di carcere per ognuna di loro, si sarebbe arrivati a 32 anni di carcere per ogni imputato. Qualcosa di più duro ci sarebbe voluto. Non si possono uccidere così tante persone per un errore come quello: montare un tachimetro sull’aereo sbagliato. E poi mi chiedo se la detenzione avverrà in Italia o in Tunisia. Temo che per queste persone ci possa essere un carcere meno duro, se torneranno in patria. Se invece resteranno in Italia, mi auguro vivamente che non ci siano ulteriori sconti di pena nei successivi gradi di appello».
Che cosa ricorda di quei momenti?
«Avevo già volato tantissime volte, e mi sono accorto subito che il primo motore si era spento. Pochi attimi, ed ho sentito spegnersi anche il secondo. A quel punto sull’aereo non si è capito più nulla, la gente era terrorizzata, lo stesso personale di bordo era come impazzito. E poi è impossibile non accorgersi di un aereo che cade in picchiata a quella velocità».
E’ ancora in contatto con i parenti delle altre vittime?
«Abbiamo fondato un’associazione, chiamata appunto Capo Gallo 6 agosto. Ogni anno, nell’anniversario dell’incidente, c’è una toccante cerimonia a Bari. Dopo aver partecipato ad una messa, ci rechiamo tutti a Punta Perotti, dove il sindaco di Bari ha voluto un monumento ed ha fatto piantare un ulivo per ogni vittima, con sotto il suo nome. E’ stata una cosa davvero bella da parte sua».
Lei e la sua fidanzata Rosanna avete più volato?
«Io sì, per motivi di lavoro, ma ogni volta che metto piede su un aereo è impossibile non ricordare e lo stato d’animo non è più quello di prima. Rosanna non ha più voluto volare e comunque abbiamo perso il gusto per i viaggi».
Il legame con Rosanna si è rafforzato dopo questa esperienza?
«Sì, adesso abbiamo più cose in comune».
PAOLA GUARNIERI

Fonte: Paola Guarnieri