Nell’ambito del progetto culturale “Ottobre, piovono libri”, è stata presentata a Crispiano l’opera di Francesco Santoro “Crispiano-210 anni dalla fondazione”, nella sala consiliare del Comune. Sono intervenuti il sindaco Laddomada, la prof.ssa Marilena Cavallo (docente del liceo Moscati di Grottaglie), la prof.ssa Anna Sturino (dirigente scolastico della scuola media di Crispiano), la prof.ssa Anna Sgobbio (dirigente scolastico della scuola elementare Mancini), il professor Cosimo Damiano Calabresi e il professor Pierfranco Bruni. Numerosa la partecipazione del pubblico, di molte autorità politiche e di rappresentanti del mondo della cultura.
Ha coordinato l’incontro il dipendente comunale Michele Vinci. L’opera si colloca anche nei festeggiamenti del novantesimo anno dell’autonomia del paese, 1919, anno in cui Crispiano si distaccò da Taranto, di cui era una borgata.
Santoro, attento e appassionato studioso della lingua dialettale locale, con questo libro ha portato avanti la ricerca sulla identità linguistica crispianese, restituendo al dialetto una sua autonomia, ribaltando sul piano linguistico la tesi, finora condivisa da molti studiosi, secondo la quale il primo nucleo di crispianesi stanziatosi nelle grotte del vallone, alla fine del 1700, fosse di origine martinese e che, pertanto, il dialetto crispianese è una diretta derivazione dell’idioma martinese. Per Santoro il dialetto originario di Crispiano risente di più dell’influenza tarantina. Lo studioso cerca nei secoli precedenti, “300 anni di pagine bianche”. Dopo le incursioni dei Turchi in terra ionica (1480), anche le famiglie contadine abitanti nei casali di Crispiano, dipendenti da Taranto, abbandonarono il territorio. “E’ qui l’anello che non tiene”, come ha osservato la prof.ssa Cavallo; Santoro riparte da questo vuoto storico. Quando alla fine del 1700 alcune famiglie martinesi si stabiliscono a Crispiano, integrandosi con gli abitanti del luogo (1799 anno di nascita della Crispiano moderna), c’è stata senz’altro una contaminazione, innegabile nella fonetica, ma il dialetto crispianese aveva una sua identità. La ricerca di Santoro non è giunta al capolinea: nel suo libro egli invita le nuove generazioni a proseguire con passione ma anche con rigore scientifico, anche se, ha aggiunto la prof.ssa Cavallo, riappropriarsi delle proprie radici, recuperare la propria identità, deve stimolare il confronto tra le parlate locali, non uno scontro.
La valorizzazione del dialetto, come comunicazione immediata del pensiero semplice del popolo, è stato l’argomento sviluppato dalle dirigenti Sturino e Sgobbio. Se la lingua nazionale ha unificato e omologato il pensiero e il lessico, ben vengano le diverse parlate dialettali, come lingue materne e segno distintivo di un popolo. Il professor Pierfranco Bruni, per il quale il dialetto, come lingua orale, ha sempre permesso un impatto comunicativo immediato con gli altri, ha individuato nella ricerca di Santoro, relativa alla definizione del dialetto crispianese, l’intreccio tra storia e lingua secondo tre coordinate: gli influssi della Magna Grecia, nella quale ricade la civiltà rupestre di Crispiano, gli influssi del Regno d Napoli e dei suoi rapporti con l’Oriente, gli influssi della rivoluzione francese con gli echi a Martina e l’incontro delle parlate locali. A conclusione della manifestazione Santoro ha offerto ai relatori una moneta ricordo del 1919, anno dell’autonomia del paese.
Silvia Laddomada
Fonte: Silvia Laddomada