La tradizione vuole che Gesù sia nato in una grotta, tra gli alberi, non lontano dal villaggio di Betlemme. Oggi attorno a quella grotta c’è una grande chiesa e attorno alla chiesa c’è una piccola cittadina soffocata da un muro imponente e da una dura occupazione militare che continua da oltre quattro decenni.
Betlemme sta soffocando. I suoi abitanti, tutti, bambini, donne, anziani, persone con disabilità, vivono in condizioni sempre più misere, in una prigione a cielo aperto. Si, il cielo a Betlemme è il solo spazio che ancora non è stato chiuso. La costruzione del muro e di nuovi insediamenti israeliani, la sottrazione delle terre, le molteplici restrizioni fisiche e amministrative hanno distrutto l’economia della città e provocato un grave deterioramento delle condizioni di vita. (Una descrizione accurata della situazione è contenuta nel Rapporto delle Nazioni Unite su Betlemme disponibile in italiano sul sito www.perlapace.it)
Tra pochi giorni è Natale. Betlemme e la natività saranno di nuovo al centro di tanti discorsi, programmi televisivi e celebrazioni. Mi rivolgo ai giornalisti e responsabili dell’informazione per chiedere di accendere i riflettori su Betlemme e mostrare cosa vuol dire nascere e vivere oggi, nella città natale di Gesù. Non vi chiediamo analisi politiche (che pure siamo chiamati a condividere facendo i conti con le nostre responsabilità) ma di dare voce agli abitanti di quella piccola città, vittime innocenti di una grande ingiustizia che il mondo non sembra voler sanare.
Chiedete agli oltre quattrocento italiani (cittadini, giovani, studenti e insegnanti, sportivi e artisti, giornalisti, amministratori locali e rappresentanti di associazioni) che dal 10 al 17 ottobre scorso sono andati a Betlemme per partecipare ad una grande missione di pace chiamata “Time for Responsibilities”. Chiedetegli cosa hanno visto. Fatevi raccontare quali emozioni hanno riportato a casa.
Il Natale illumina le nostre città. Facciamo in modo che Betlemme non resti al buio. Il buio più cupo è quello provocato dal silenzio di chi sceglie di non mostrare, di nascondere, di coprire un grande cumulo di inutili sofferenze.
Tra pochi giorni è Natale e nelle case di molte famiglie si sta iniziando a costruire il presepe. Sul mio presepe, quest’anno, attorno alla grotta, costruirò un muro. Non il muro che circonda e sta uccidendo Betlemme. Ma quello dell’indifferenza e del cinismo che sta uccidendo la nostra umanità.
PS: Tra pochi giorni ricorre anche il primo anniversario della strage di Gaza denominata “Piombo fuso”. Quella che un anno fa ha sepolto 1.285 persone e ne ha ferito e mutilato 4.336. Dopo quella tragedia, i responsabili della politica mondiale, Italia inclusa, si sono impegnati a chiudere questo conflitto ma poi se ne sono subito dimenticati. Molti soldi sono stati promessi ma nulla è stato ricostruito. E Gaza continua ad essere assediata da più di due anni. Non dimenticare Gaza vuol dire non dimenticare che in quella striscia di terra, poco più grande del comune di Assisi, sono incarcerati più di settecentomila bambini che non hanno nessuna colpa.
Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace
Perugia, 2 dicembre 2009
Fonte: Vito Trisciuzzi