E’ tempo di tagliare le spese militari!

Il dubbio è più che legittimo. Non c’è riuscito il Papa. Non ci sono riuscite le immagini più strazianti dei bambini che ogni tre secondi continuano a morire di fame, sete e malattie curabilissime. Eppure basterebbe essere disponibili a fare i conti con la realtà delle cose. Non serve invocare i valori più alti della coscienza, della Costituzione e dell’Onu: basta condividere una visione realistica della politica. E applicare anche a questo settore della spesa pubblica, gli stessi criteri che si pretende di imporre a tutti gli altri ambiti essenziali dello stato come la salute e l’istruzione. Del resto, tutta la spesa pubblica è sotto esame. E’ giusto che lo sia anche la spesa militare. Si discute di riforma delle pensioni, della scuola, della sanità e di mille altri settori strategici della nostra vita. E’ giusto (e indispensabile) che si discuta anche della riforma delle FFAA. Del resto, accade in tutti i paesi democratici. Perché non in Italia?

La prima cosa che dovremmo invocare tutti è l’apertura di un vero e proprio dibattito pubblico, su un tema da troppo tempo sequestrato da un ristretto manipolo industriali, generali e addetti ai lavori. Penso –e di questi tempi vale la pena di precisarlo- ad un dibattito aperto a tutte le voci della società e non ad una campagna propagandistica e manipolatoria condotta dai soliti noti. Che restituisca al Parlamento la sua centralità costituzionale e che veda in prima fila una Rai (sic!) che riscopre la sua funzione originale di servizio pubblico e aiuti gli italiani a compiere le scelte necessarie. Ne è convinto anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Vincenzo Camporini con cui ho avuto il piacere di confrontarmi lo scorso 11 maggio. Ma anche Cerruti dovrebbe essere d’accordo.

Le domande sono molte. Mancano i fondi per la polizia e la magistratura impegnata nella lotta alle mafie, per lottare contro la povertà, la disoccupazione e l’esclusione sociale, per restituire dignità a tutti quelli che l’hanno persa, per gli enti locali e i loro servizi alla persona, per gli asili, per la scuola, per l’Università, per la cultura, per la ricerca, per fare spazio ai giovani, per garantire il diritto alla salute, per ricostruire l’Aquila e per mettere in sicurezza tante parti del nostro bel paese colpite dalla speculazione e dall’incuria. Possiamo continuare a spendere 23-25 miliardi all’anno senza chiederci come e perché? Lasciamo perdere il sogno dell’abolizione degli eserciti e guardiamo alle nostre forze armate. Ci sono solo sette paesi al mondo che spendono più di noi. Ce lo possiamo permettere? Molti “esperti” dicono che queste FFAA ci costano molto e servono a poco. Che si spende male e si spreca molto. Anzi moltissimo. Si riferiscono al fatto che abbiamo 185.000 persone in armi ma che al massimo ne possiamo impegnare all’estero solo 20-25.000. Che abbiamo più generali e marescialli da pensione che truppe da comandare. Che continuiamo a spendere valanghe di quattrini in armi inutili e inutilizzabili. Sono queste le scelte più adatte ad un paese che ripudia la guerra, ha un enorme debito pubblico da risanare, è europeista (a suo modo), dice sempre di essere dalla parte dell’Onu? Nel mondo c’è un gran disordine ma l’Iraq e l’Afghanistan ci insegnano che la guerra è uno strumento inutile, incapace di risolvere i problemi, che non c’è un modo gentile di ammazzare e un modo delicato di distruggere. Perché non cominciare col sospendere immediatamente tutti i programmi di costruzione ed acquisto di quei sistemi d’arma, come gli EFA e gli F35, pensati per una guerra che non si può (e non ha più senso) fare. La lotta al terrorismo la vinceremo (dal punto di vista militare) potenziando l’intelligence, non sprecando soldi in armi capaci solo di provocare disastri umanitari.

In tempo di crisi, è innanzitutto una questione di priorità. Anche quando pensiamo ai problemi della pace e della sicurezza. Nel mondo il problema più grande è la mancanza di cibo. Poi vengono la mancanza di acqua, di medicine, di cure mediche, di una casa, di una vita e un lavoro dignitosi, di una adeguata istruzione. Poi c’è la crisi ambientale e la crisi energetica. Sono queste le principali cause d’insicurezza e di conflitto nel pianeta. Di quale pace e di quale sicurezza stiamo parlando se non di questo? Da noi non è molto diverso. Mandiamo i nostri soldati a fare la pace nel mondo, a bordo di aerei e portaerei faraoniche, e non abbiamo la forza necessaria per vincere l’annosa guerra con le mafie che tutti i giorni seminano morti, violenze, terrore per le nostre strade. E’ tempo di cambiare dunque il modo di spendere i nostri soldi. E di costruire un nuovo sistema di sicurezza che metta al centro la sicurezza umana, la sicurezza delle persone e non più la mera difesa di confini e di interessi nazionali sempre più incerti. Il disarmo ci serve a questo. Per combattere, con le armi giuste, i veri nemici del nostro tempo: la povertà, il cambio climatico, le disuguaglianze e le ingiustizie. Riuscirà la crisi a convincerci che questa è la strada?

Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace

Fonte: Comitato Arci Valle d’Itria