…in quel tempo il territorio era preda di più predatori, come una lepre inseguita da una muta di cani e da più cacciatori.
La frase su citata è riportata nel libro “Crispiano 1799 –2009“ edito in occasione del 90° anniversario dell’autonomia di Crispiano, dove si ripercorrono le vicende storiche del nostro territorio, tratte dalle memorie del primo sindaco di Crispiano Pasquale Mancini.
Già dal 1578, l’Eccellentissimo Commendatario Cardinale Buoncompagni, amministrava tutte le Abbadie ricadenti nei territori di Bari, Taranto e Otranto, possedendo anche la facoltà di vendere, permutare e censire i beni delle Abbadie suddette, compresa l’Abbadia di Santa Maria di Crispiano.
Nel 1788, nonostante il decreto del Re di Napoli, non giunse a buon fine una lunga controversia, originata dal Comune di Taranto, dal Seminario arcivescovile della stessa città e dai signorotti ( le Jalantumme) dell’epoca, i quali, si erano impossessati arbitrariamente dei terreni di Crispiano. Pertanto il territorio rimase preda di più predatori.
In quel periodo i ”dannati della terra” – contadini dediti al lavoro per la sopravvivenza delle loro famiglie – fecero le fortune di quei Jalantumme, che presto si arricchirono e costruirono le masserie. La gestione della masseria però, richiedeva manodopera e capitali, I proprietari decisero di attuare contratti di locazione dei terreni, così nasceva la figura del “Massaro”, che per combattere la miseria sottostava a tutte le richieste che “Don” proprietario della masseria imponeva. Inizialmente furono stipulati contratti in natura, in seguito oltre al denaro, si pattuivano le prestazioni: agnelli , quintali di grano, uova, formaggio ecc. La legna da ardere era sottoposto a vincolo di concessione da parte del “Don”. Infiniti erano le clausole imposte dalla custodia delle terre, di eventuali animali, con la minuziosa elencazione di oggetti e cose, come la lunghezza della catena utilizzata per tirare i secchi d’acqua dalla “foggia” (grande cisterna di acqua).
Otteneva facilità di locazione della masseria solo chi possedeva una particolare “password” cioè un massaro con una numerosa famiglia al seguito, garanzia di braccia da utilizzare per dissodare campi, tagliare sterpi, curare la terra per renderla fertile.
I contratti annuali, avevano inizio il giorno di Santa Maria Assunta, 15 agosto, e terminavano il 14 agosto dell’anno successivo.
“U scasàmente” (il trasloco) era una festa. Per la presa di possesso della masseria da gestire, si dava inizio ad un’avventura e, solo Dio rimaneva a protezione di tutte le avversità naturali, a quelle imposte dai “Don“ – proprietari delle masserie – invece, quei “dannati della terra”, soggiacevano eternamente con le loro schiene curve, poiché la parola – FERIE – Google, non riusciva a trovare il link.
Fonte: Francesco Santoro