Dialoghi di Trani 2012. E a sorpresa torna in voga l’uguaglianza

“Chi è l’eroe del PIL”, il famigerato ‘prodotto interno lordo’ che in Italia non vuol saperne di crescere? È uno che ha divorziato magari un paio di volte nella vita e si ritrova a fare un incidente in moto spezzandosi una gamba. Una vera manna dal cielo. Queste persone fanno girare l’economia dando lavoro a frotte di avvocati, assicuratori, carrozzieri, meccanici, medici.
“Chi è il codardo del PIL? Per chi fa statistica è al contrario un poveretto che zappa il suo orticello, dove arriva da casa in bici e magari poi va a fare volontariato”.
Ecco servite alcune distorsioni dell’economia, Questi esempi illuminanti sono stati solo alcune delle chicche proposte dall’economista solidale Andrea Banares della Fondazione culturale Banca Etica. Uno degli innumerevoli ospiti dell’undicesima edizione dei Dialoghi di Trani, che si è svolta nei giorni scorsi nel castello a due passi dalla magnifica cattedrale sull’Adriatico.
Il tema centrale di quest’anno è stato ‘Cambiamenti’: “Dopo aver assistito alla scalata dei corrotti contro gli onesti, all’esibizione dell’amoralità contro le istanze di un’etica pubblica, della smodatezza contro l’equilibrio. Un sistema in crisi che, sulla spinta di fattori contingenti, chiede cambiamenti: ma che cosa vuol dire cambiare e quanto siamo disposti a cambiare? Mentre mutano le nostre idee e ciò che credevamo del mondo, degli altri e di noi stessi, giovani “indignati”, a partire da istanze diverse, usano la piazza fisica e virtuale, rivendicando una società più giusta e sostenibile. Con quali energie, quali risorse, a partire da quali modelli? Le trasformazioni che si stanno verificando prendono direzioni inattese e questo provoca un disorientamento generale riguardo al futuro e a ciò che si deve fare nel presente. Quale l’approdo?”. Carino, no?
Tra gli ospiti che si sono alternati ora dopo ora in quattro giornate di conversazioni, libri ed eventi, Marc Augé, forse il più famoso antropologo vivente, il ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca, schiere di docenti universitari, intellettuali di servizio come Antonio Pascale (chi l’ha visto alle Invasioni barbariche su La7?), giornalisti presi in prestito da Radio 3 come l’inconfondibile voce di Giorgio Zanchini.
Cambiare o morire. L’80% dei nuovi disoccupati italiani sono giovani. Il Sud ha perso più posti di lavoro di Centro e Nord messi insieme. Per non parlare delle donne, sempre più estromesse dal mondo del lavoro. La mobilità sociale si è bloccata dopo la crisi italiana del 1992: solo il 12% di chi si laurea in questo paese è figlio di un operaio. Le possibilità che un ragazzo di una ‘classe’ sociale medio-bassa faccia un lavoro altrettanto umile e poco remunerativo dei suoi genitori sono enormi. L’impressione per il pubblico dei Dialoghi è di essere a due passi da un mare di disuguaglianze. Per farsene meglio un’idea basterebbe spulciare il capitolo 4 dell’annuario Istat 2012 dal titolo emblematico: “Disuguaglianze, equità e servizi ai cittadini”.
Ogni nuovo nato ha 32mila euro di debito, 1900 miliardi come nazione, eppure gli ospedali e molti altri servizi funzionano poco e male, sollecitano voci dal pubblico.
Saltando ad un cerchio più in là, c’è un’Europa che conta sempre meno: è il 7% della popolazione mondiale, entro il 2050 a livello economico varrà poco più di questa cifra.
“Sappiamo cosa fare, ma non si fa: chiudere i paradisi fiscali, vietare i derivati della finanza, imporre trasparenza, e soprattutto controllare l’operato delle banche: perché dovremmo riconquistare noi la fiducia dei mercati, dopo quello che hanno combinato al mondo?”. Così Benares di Banca Etica in uno dei più coinvolgenti dialoghi di Trani 2012.
Non solo economia, naturalmente, anche e soprattutto tanta politica. Un’idea diversa di sviluppo economico, un altro modello secondo Landini della Fiom, “non dovrà consisterà nel ragionare su quale tipo di auto costruire ma su quale mobilità e su come rigenerare le città”. Sul lavoro le disuguaglianze si potrebbero eliminare passando dalle decine di forme contrattuali esistenti ad “un contratto unico dell’industria, che sia meccanica, tessile o chimica non importa: servono criteri uguali, unitari”.
Serve una conversione ecologica secondo l’economista ambientalista Guido Viale: “E’ facile e sacrosanto dire meno inquinamento, meno traffico, meno auto. Ma è difficile dirlo ai lavoratori di una fabbrica di automobili in crisi. Eppure è di qui che occorre passare. E lo si può fare solo prospettando, e sottoponendo alla loro verifica, ai loro suggerimenti, una proposta alternativa”. Rafforzare la partecipazione dei cittadini, non solo a livello elettorale e sociale, spiega Viale: le energie rinnovabili per funzionare devono essere distribuite sul territorio: e allora i pannelli solari casa per casa necessitano di un coinvolgimento pieno delle famiglie.
Franco Cassano nel suo ironico intervento fa questa citazione: “Gli italiani sono i più brillanti: capiscono molto prima degli altri di stare a perdere”. Da dove si riparte se non dalla ricostruzione della parola ‘noi’? C’è sempre qualcosa prima, io, la famiglia, da qui discendono “l’evasione seriale, le barzellette sui carabinieri, la renitenza al sacrificio, gli applausi ai funerali”. Anche il Libro della letteratura italiana si chiama ‘Commedia’. Rifuggiamo il tragico e “per noi Antigone va bene, ma a scartamento ridotto: l’accettiamo solo perché difende il fratello, non l’umanità”.
Per Massimo Brutti, già senatore e sottosegretario alla Difesa, serve “una strategia dell’uguaglianza. Gli italiani non sono come i politici che li dirigono. Sono migliori. Ci sono riserve di fiducia per ora mortificate, che la politica ignora”. Ragazzi che fanno volontariato, che si impegnano per ricordare Falcone e Borsellino, tante persone che vogliono dire la loro. Proposte: “Porre limiti ai redditi più alti”, tanto quanto dicono i giovani di Occupy Wall Street.
“Una testa un voto e, soprattutto, usare la testa prima di votare”, invoca Paolo Flores D’Arcais, filosofo e direttore di MicroMega. Proteggere il welfare significa proteggere la democrazia. “Agio e cultura” sono le condizioni per l’uguaglianza, senza non ci sarebbe più libertà. L’accademico barese Canfora richiama l’articolo 3 della Costituzione, per qualcuno considerato oramai un lusso. “Mentre è la precondizione della democrazia”.
Cambiare, riparlare dell’eguaglianza, incamminarsi vero la giustizia, assumersi anche nel proprio piccolo le responsabilità di ciascun atto. Ma chi sono i giusti? Il giornalista Gabriele Nissim nel suo ultimo libro ‘La bontà insensata’ spiega: “Spesso non lo sappiamo, perché i cattivi nella storia sono più famosi”. Per questo si è impegnato per l’istituzione della ‘Giornata dei giusti’, votata dal Parlamento europeo il 10 maggio scorso: si celebrerà il 6 marzo di ogni anno, giorno della morte di Moshe Bejski, che volle il Giardino dei Giusti di Gerusalemme per rendere omaggio a coloro che aiutarono gli ebrei durante l’Olocausto.
“I giusti soffrono e sono dimenticati. Gli storici giudicano i risultati, annullando quei piccoli gesti di bene che hanno salvato l’umanità: serve per loro una memoria poetica, perché solo i poeti sanno ascoltare l’animo umano”. Nissim incanta il pubblico di Trani parlando di dovere di riconoscenza, di etica, di riconciliazione. Perché provare a cambiare allora? Gabriele Nissim invoca il filosofo Jan Patocka, leader di Charta 77, assassinato nella Praga comunista: “Per le stesse cose per cui vale la pena vivere, vale la pena soffrire”.

Fonte: auto