Cattolicesimo sociale e liberismo, un matrimonio impossibile

Il nome ancora non c’è, ma il nuovo partito di centro un po’ laico e molto cattolico è stato battezzato lo scorso 17 novembre a Roma, negli ex studi cinematografici De Paolis dove, di fronte a 7mila persone arrivate da varie parti d’Italia, si sono ritrovati alcuni dei dirigenti delle 7 associazioni del Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro (Acli, Cisl, Coldiretti, Compagnia delle Opere, Confartigianato, Confcooperative e Movimento Cristiano Lavoratori), che promossero gli incontri di Todi (v. Adista nn. 51, 57, 71, 76, 78, 83 e 97/11; e Adista Notizie nn. 4, 5, 18, 34 e 39/12), e Luca Di Montezemolo, con i suoi di Italia Futura, per dare vita ad un «nuovo soggetto civico» – secondo la definizione di Andrea Riccardi, uno dei “padri” della neonata creatura – che si presenterà alle prossime elezioni politiche con un unico obiettivo: riportare Mario Monti al governo del Paese.
«Il governo Monti non è stato una parentesi – spiega Riccardi ad Avvenire (17/11), grande sponsor dell’iniziativa chiamata “Verso la terza Repubblica” –. È stato, ed è, un momento di svolta verso una fase nuova della storia della Repubblica, verso un’altra politica», quindi «bisogna continuare e allargare il solco tracciato». In tre tappe il percorso delineato dallo stesso ministro: la nascita di «un’area di riferimento per far sì che la speranza non si esaurisca e anzi si proietti sul 2013 e negli anni a venire. Due: l’attuale governo tecnico ha potuto parlare al Paese solo il maniera parziale», ma ora «un movimento civico deve allargare, arricchire ed approfondire il dialogo con il Paese reale»; infine il «passaggio decisivo attraverso il voto», sebbene il nuovo soggetto non sembri appassionare l’elettorato, e l’elettorato cattolico in particolare, come dimostra un sondaggio appena realizzato dai Cristiano sociali. Un percorso e un progetto ribaditi anche da Montezemolo, il vero motore dell’iniziativa: non chiediamo a Monti «di prendere oggi la leadership di questo movimento», spiega dal palco l’ex presidente della Fiat e della Confindustria. «Ci proponiamo noi di dare fondamento democratico ed elettorale al discorso iniziato dal suo governo perché possa proseguire».
Insieme a Montezemolo c’è tutto il mondo dei “cattolici di Todi”, con tre protagonisti in prima fila: oltre a Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni (che non a caso, subito dopo la kermesse romana, ha firmato con il governo un accordo separato sulla produttività – bocciato dalla Cgil – e ha revocato all’ultimo minuto lo sciopero degli insegnanti del 24 novembre: non era possibile, evidentemente, sostenere Monti e contemporaneamente scioperargli contro) e il presidente delle Acli Andrea Olivero, che a breve si dimetterà per candidarsi alle elezioni, anche per stoppare i malumori crescenti fra i militanti delle Acli che criticano l’appiattimento sulle posizioni liberiste del governo e il coinvolgimento dell’associazione nel nuovo progetto politico senza alcuna consultazione con la base. Eppure «a mio avviso non c’è sufficiente meraviglia, nel senso che si considera non abnorme il confluire di una organizzazione di tradizione sociale, anche di avanguardia (le Acli ma anche la Cisl) su una piattaforma di impronta liberale se non liberista», osserva Domenico Rosati, presidente nazionale delle Acli dal 1976 al 1987, intervistato da Pierluigi Mele per il sito di Rainews (21/11). «Certe sensibilità sociali che producevano pensiero ed anche ambizioni di guida si sono stemperate in un improprio solvente “cattolico” che annebbia l’orizzonte, annulla le differenze e apre la via a preoccupanti stati di subalternità». Ma «la deriva non comincia con l’ultimo presidente delle Acli ed è connessa con la situazione di una gerarchia cattolica che non immagina di poter convivere con il pluralismo delle scelte politiche dei credenti».
Un discorso analogo si può fare anche per la Comunità di Sant’Egidio, inevitabilmente iscritta fra i sostenitori di “Verso la terza Repubblica” vista l’adesione di Riccardi e del portavoce del movimento, Mario Marazziti. Sembrano piuttosto defilate Comunione e Liberazione – sebbene la Compagnia delle Opere faccia parte del Forum delle associazioni di Todi – e la Coldiretti. Mentre Carlo Costalli (Mcl) critica il progetto da destra, rimproverando la poca rilevanza data ai «valori non negoziabili». La Conferenza episcopale italiana, che del movimento di Todi era stata la principale ispiratrice e animatrice, appare meno in evidenza, ma segue l’operazione con grande attenzione, anche perché negli ultimi mesi il card. Bagnasco ha più volte esternato a sostegno di Monti e del suo governo.
Per approfondire la questione, Adista ha intervistato Lino Prenna, coordinatore dell’associazione di cattolici democratici Agire Politicamente.
Che valutazione dai del nuovo soggetto di Montezemolo e delle associazioni cattoliche?
Mi pare che Montezemolo si configuri come un replicante di Berlusconi: si tratta di un imprenditore che a tavolino inventa un contenitore politico, saltando tutti i passaggi e percorrendo una scorciatoia rispetto a quelli che sono i processi ordinari della democrazia. E come molti ex democristiani che 20 anni fa si accodarono al Cavaliere, adesso Riccardi, Olivero e Bonanni si mettono sotto l’ombrello di Montezemolo, che è assolutamente estraneo alla tradizione del cattolicesimo sociale di cui essi si ritengono rappresentanti.
Quindi non c’è nessuna novità?
Nessuna, è solo una replica. Del resto le novità vere non nascono a tavolino, ma dalle domande delle persone e dalla provocazione dei fatti. Inoltre ritenere Montezemolo, che è stato per anni presidente di Confindustria, un uomo nuovo mi pare del tutto fuori dalla realtà.
I fondatori affermano che si tratta di un progetto moderato, capace quindi di attrarre i cattolici. Cosa ne pensi?
Premesso che cattolico non è affatto sinonimo di moderato, credo necessario distinguere fra moderazione e moderatismo. La moderazione è una virtù – la capacità di trovare un equilibrio fra posizioni diverse – che va riferita soprattutto al metodo. Il moderatismo invece – e in questo consisterebbe il progetto di Montezemolo&co. – è il minimalismo della politica, la riduzione delle attese e dei desideri, l’omologazione sui bisogni proiettati verso il basso. Personalmente poi nutro molte riserve per tutte le operazioni politiche cosiddette centriste: il centro non è una collocazione partitica, semmai è il luogo dove si operano le mediazioni, il luogo mediano dell’esercizio politico.
Alcuni dei promotori, Bonanni in particolare, dicono di voler coniugare la “agenda Monti” con la Dottrina sociale della Chiesa…
Dopo aver ascoltato questa affermazione, le mie perplessità si sono fatte ancora più forti, perché mi sembra che fra i due termini ci sia una profonda e irriducibile incompatibilità: la Dottrina sociale della Chiesa nasce con le intenzioni di voler affermare la giustizia sociale, mentre mi pare che la cosiddetta agenda Monti, ispirata da un assoluto dogmatismo finanziario, non solo non contenga alcun elemento di politica sociale, ma anzi comporti un progressivo impoverimento delle fasce più deboli della popolazione. C’è una enfatizzazione acritica dell’operato di Monti e del suo governo – senza con questo voler misconoscere il credito internazionale riacquistato dall’Italia dopo la lunga stagione berlusconiana – che ignora del tutto il disagio e la disperazione che sta attraversando tutto il Paese, soprattutto nelle sue parti più deboli. E poi cosa è questa fantomatica agenda Monti? A me pare che si possa ridurre a poche parole: rigore, tagli lineari su scuola, università e spesa sociale, senza toccare i grandi patrimoni e le banche.
Qual è il loro programma?
Non c’è. Il loro programma è Monti, e basta. Ma, al di là del merito – ovvero la sudditanza alla finanza –, c’è un ulteriore problema: nel momento in cui si mettono sotto l’ombrello di Monti, c’è un implicito riconoscimento della debolezza della proposta politica visto che devono affidarsi ad un non politico. Monti è la copertura di un progetto debole e incerto. Invece bisogna sottrarsi al dogmatismo finanziario e restituire il primato alla politica.
Al progetto hanno aderito con entusiasmo Riccardi, Olivero e Bonanni, trascinando inevitabilmente con sé, perlomeno sui media, la Comunità di Sant’Egidio, le Acli e la Cisl…
Esattamente. Proprio per questo mi chiedo: Olivero e Bonanni rappresentano davvero la base delle Acli e della Cisl? E Riccardi traduce sul serio l’ispirazione sociale della Comunità di sant’Egidio? Forse Olivero, Bonanni e Riccardi hanno partecipato all’iniziativa di Montezemolo a titolo personale, ma francamente mi pare difficile pensarlo. Dal momento che le loro associazioni sono state idealmente coinvolte nel progetto di Montezemolo, i tre leader avrebbero dovuto far precedere la loro partecipazione ad una consultazione fra gli iscritti e gli associati. Ma poiché questo non è avvenuto, allora non rappresentano nessuno. E men che meno sono rappresentativi rispetto alle ragioni statutarie di queste associazioni e movimenti. Questo discorso valeva già quando parteciparono, senza alcuna delega degli iscritti o dei simpatizzanti, agli incontri di Todi; e oggi vale ancora di più.
Il progetto Todi fu esplicitamente sostenuto dalla Cei, che addirittura partecipò al primo incontro con il suo presidente, il card. Bagnasco. In questo caso invece sembra più fredda: è proprio così?
A me pare ci che sia una regia dietro le quinte da parte della presidenza e della segreteria della Cei che seguono con attenzione il progetto. E forse la partecipazione delle associazioni, soprattutto di Acli e Sant’Egidio, è incoraggiata proprio dalla Cei. Aggiungo una cosa: gli incontri di Todi suscitarono grande clamore ed attenzione; che poi siano finiti nelle braccia di Montezemolo, mi pare proprio un pessimo esito. E pensare che volevano costruire un partito identitario… Mi pare che si possa parlare a buon diritto di eterogenesi dei fini.
Non c’è proprio nulla di positivo del progetti di Montezemolo?
L’unico tipo di attenzione, che peraltro nutre anche una parte del Pd, è di carattere funzionale: questa operazione potrebbe togliere spazio a Casini che, in un’ottica di una possibile alleanza di centro sinistra, continua ad essere molto ondivago; inoltre potrebbe svuotare ulteriormente il Pdl, provocando la fuoriuscita dei settori più moderati. Quindi potrebbe rivelarsi utile nello scenario delle eventuali future alleanze – ipotizzando appunto un accordo fra centro e sinistra –, ma è ovvio che rimane la divergenza totale e assoluta su Monti: Montezemolo lavora espressamente per un Monti bis, il Pd di Bersani dice di essere contrario. Senza sanare questa distanza, credo sia impensabile ipotizzare un’alleanza.

Fonte: Antonio Conte – Coord di Agire Politicamente