Lavoro e salute sono indivisibili

Che gli operai dell’Ilva tornino al lavoro è motivo di sollievo per migliaia di famiglie poste di fronte alla minaccia della disoccupazione. Ma il lavoro riprende nelle stesse condizioni che avevano motivato il sequestro degli impianti da parte dei magistrati: gli operai respireranno ancora quei veleni, le polveri che da decenni appestano Taranto continueranno a posarsi sulla città. È una contraddizione terribile dover scegliere fra il diritto al lavoro e quello alla salute.
Il conflitto è evidente. La magistratura si muove, nel rispetto della legge, per fermare l’inquinamento; il governo tenta di aggirare il problema con un decreto che cancella i provvedimenti giudiziari e consente di pro­seguire la produzione. Di fatto decide che la priorità è l’interesse dell’economia nazionale e che il diritto alla salute può aspettare, dato che in pochi anni le emissioni nocive verranno riportate nella norma. Una scelta che lascia perplessi, per la sottovalutazione dei rischi per la salute e per i suoi risvolti di dubbia costituzionalità. È pur vero che quel decreto mostra da parte del governo una determinazione finora mai vista in questa materia: stavolta se la proprietà non rispetta gli impegni rischia di perdere la titolarità dell’impresa. Era ora, visto che le inadempienze durano da vent’anni e hanno già prodotto danni gravissimi. È importante che la messa in sicurezza parta subito e con le migliori tecnologie, che il controllo sulla qualità dell’intervento e il rispetto dei tempi sia rigoroso. Ma non si doveva arrivare a questo punto. Da anni tutti sanno e fingono di non sapere, imprenditori miopi continuano a lucrare sulla pelle dei lavoratori anziché investire nell’innovazione dei processi produttivi. Non è vero che lo sviluppo industriale debba per forza produrre la devastazione dei territori. Con le tecnologie pulite si possono conciliare il diritto al lavoro e alla salute, lo sviluppo economico e la tutela dell’ambiente. Ma non ci si può aspettare che sia il mercato da solo a farlo. Tocca alla politica la responsabilità di scelte strategiche e indirizzi vincolanti. Scelte che per anni non ci sono state.
Non c’è tempo da perdere, perché la forzatura fatta dal governo si può giustificare solo in una fase temporanea di emergenza ed estrema necessità. Bisogna fare presto e fare bene, perché da questa delicata vicenda non debbano uscire sconfitti sia la speranza di conci­liare lavoro e salute che l’equilibrio fra i poteri dello stato.

Paolo Beni – Presidente Nazionale ARCI

Fonte: Trisciuzzi Vito – Arci Comitato Valle d’Itria