Non è il momento di disquisire sulle parole ‘femmicidio’ o ‘femminicidio’, anche se approfondire le ragioni di un fenomeno è essenziale, ora è tempo di agire. Il numero delle vittime negli ultimi anni è in crescente ascesa in un’Italia che evidentemente tarda ad accettare che la donna non sia quella variante o quella costola che nell’enciclica Casti connubii del 1930, Pio XI così ben descriveva: «Il compito nobilissimo di sposa, di madre e di compagna» deve accordarsi con l’ordine all’interno della famiglia, basato sulla «superiorità del marito sopra la moglie e i figli» nonché «sulla pronta soggezione e ubbidienza della moglie».
La donna senziente, che proferisce parola, che esprime la sua opinione o, peggio, che si intestardisce, come nel caso della Presidente Boldrini e della Ministra Kienge, nel voler arginare la violenza dilagante, viene in questa società messa alla gogna, non solo da individui che mascherano la loro identità sui social network, ma anche da ‘esimi’ colleghi o operatori della comunicazione. E se barattassimo la restituzione dell’IMU, formidabile strumento con cui Berlusconi si sta facendo campagna elettorale, con altri più utili provvedimenti per la salvaguardia dell’incolumità delle donne (e per il lavoro)?
Salveremmo, si consenta qui l’espressione, ‘capra e cavoli’: la vita di molte donne e la credibilità del Paese nei confronti di quel Consiglio d’Europa che ci ricorda che in Italia abbiamo nei centri antiviolenza undici volte meno posti letto rispetto allo standard stabilito dall’Unione Europea.
Il Parlamento, senza molti sforzi, potrebbe inoltre ratificare la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica.
Il contatore mentre continua a girare, misura, inesorabile, il tempo di reazione delle istituzioni.
Michela Faccioli
Fonte: Trisciuzzi Vito – Presidente Comitato territoriale