Intenzionali o casuali, certe affermazioni lasciano un segno indelebile. Spesso dipende dal contesto, molto più dalle particolari condizioni e situazioni di vita in cui le parole penetrano e vengono scolpite nell’animo, quasi come lettere su pietra.
Non ricordo bene l’anno o il giorno. Ma sono ben impressi il luogo (l’aula del liceo), i banchi, la mia posizione, la cattedra, don Franco Castellana. Era con noi per una supplenza e parlavamo non di religione ma di vita.
Ad un certo punto pronunciò una frase: “Non è importante farsi le domande: è importante farsi le domande giuste”. È diventata una delle epigrafi portanti della mia esistenza, che ho applicato anche al territorio in cui vivo. Per vent’anni mi sono chiesto: qual è la storia di Crispiano? Domanda sbagliata indotta dall’insanabile desiderio di trovare la domanda giusta. Sono sempre andato alla ricerca di quale fosse la storia di Crispiano e non ho mai avuto risposte.
Poi la necessità di insegnare la geografia mi ha costretto ad un’altra domanda: che cosa è Crispiano? Il contatto con le gravine, i monti, i boschi, i campi, la terra, il mistico e stupendo nostro territorio: la geografia, a lungo termine, si è rivelata una domanda giusta. Tuttavia, non c’è geografia senza uomo: da qui la passione per il dialetto e la ricerca della sua origine, da qui la curiosità per i culti e le manifestazioni della fede, con la ricerca del loro sviluppo.
Per la stesura del libro “Gravine e tratturi, pascoli e campi di Crispiano: letteratura, economia, storia” (che sarà presentato mercoledì 11 dicembre alle ore 19:00 in Biblioteca) devo riconoscere un particolare tributo a San Simone: ‘porta’ di Taranto, porta dello studio. E i sansiminesi devono essere ancora più orgogliosi di tutti i crispianesi messi insieme: San Simini ha nascosto per secoli la sua incredibile storia. Le nostre sono state luogo di pastori, di transumanza, di brigantaggio, di comunicazione, e di conseguenza terra di scambi, di fusione etnica.
Per me crispianese, è meraviglioso che le intime sofferenze di Virgilio abbiano potuto originare, qui, nella nostra pianura o sotto i nostri monti e sotto “la” Trazzonara, una altissima poesia; la indicibile bellezza dei nostri colli ha generato superbi testi anche in Orazio.
A mio parere, l’aspetto più stupefacente che emerge dall’inserimento dei toponimi e dei testi greci e latini nel contesto originario è che gli antichi – non importa che si chiamino Archita, Strabone, Tito Livio, Augusto, Plinio, Crispinilla, Arechi II eccetera – conoscevano il nostro territorio molto più di noi che usiamo il GPS. Ne compresero la polivalenza ed, in modo multiforme, lo hanno chiamato, accudito, sfruttato, custodito. Leggendo le antiche testimonianze, una delle domande ricorrenti è stata: dove si trova questo luogo? Spesso, la risposta è stata lenta e faticosa: non perché le descrizioni siano criptiche, ma perché io non conoscevo quel particolare punto di Crispiano.
Oggi il territorio crispianese chiama, interpella, chiede protezione. Pone nuove domande a ciascuno di noi. Speriamo di trovare quanto prima la domanda giusta per il nostro futuro.
Fonte: Giorgio Sonnante