A più di due anni da un risultato elettorale netto e responsabilizzante, mi ritrovo oggi a maturare una decisione che mai avrei pensato di dover prendere.
Con grande amarezza, ma al tempo stesso con orgoglio e fermezza, ho deciso di rassegnare le dimissioni da consigliere di maggioranza. Una decisione presa non senza sofferenza e frutto di una lunga e profonda riflessione.
Delegata ai servizi demografici e cimiteriali e alle relazioni con il pubblico, aiutata dal funzionario del medesimo settore, la mia attività è stata incentrata nel dare ordine e sistemazione ad una materia fino ad allora quasi dimenticata e priva della minima organizzazione.
Fin dagli inizi di questo incarico, ho constatato come anche l’applicazione di semplicissime e già esistenti leggi (mai applicate prima) volte a regolare la materia e garantire la comunità, contrastava con alcuni interessi particolari fino ad allora alimentati in assenza di un’adeguata regolamentazione.
In realtà le frizioni con alcuni colleghi della maggioranza sono emerse non solo su questioni riguardanti le mie deleghe, ma sulla modalità di gestione della cosa pubblica in generale, attenta più alla logica del consenso che a quello del bene comune.
In questi casi non ho mai avuto timore di manifestare il mio pensiero, rivendicando la mia autonomia di donna, di cittadina e di esponente politico.
In un Paese normale, in un sistema normale, la diversità di opinione dovrebbe essere occasione di confronto e crescita. Nel mio caso, al contrario, la libertà di pensiero e l’autonomia decisionale sono state confuse con la volontà di fare “opposizione interna” o, peggio, con la fantomatica presenza di qualcuno che muovesse le mie mani e la mia testa.
A tutti coloro che intravedono nelle mie dimissioni un contemporaneo impegno in un nuovo progetto politico avverso all’attuale maggioranza, neanche rispondo, sarà il tempo, come sempre, ad essere galantuomo.
Una risposta, invece, è doveroso darla a coloro i quali mi hanno dato fiducia in sede elettorale.
Per chi scrive non è facile entrare nel merito di tante questioni senza rischiare di confondere o annoiare chi legge. Mi auguro che queste poche righe possano bastare per giustificare la mia decisione o quantomeno comunicare lo spirito che ha animato i miei pochi passi politici.
Nel ringraziare coloro che mi hanno permesso di fare questa esperienza, comunque formativa, concludo con una frase che, letta casualmente, racchiude ciò che ho sempre pensato e continuerò a pensare della politica: “_Politica non è un mestiere_, è _un_ _servizio_; _ma nel senso di servire_, _non di servirsi o circondarsi di servi_.”
Valeria Scialpi
Fonte: Valeria Scialpi