A tavola con l’autrice Chez Lilou

Venerdì 18 maggio, alle h. 11.30, presso l’Istituto Alberghiero “Elsa Morante” di Crispiano (Ta) – Sala ristorante, plesso “Cacace” (C.so Umberto I), con il patrocinio del Comune di Crispiano, concesso dal Commissario straordinario dott. Mario Volpe, si svolgerà l’evento “A tavola con l’autrice – Chez Lilou”. Una significativa iniziativa che vuole “cuocere insieme” intercultura e gastronomia in un amalgama mai sperimentato prima tra i banchi di una scuola per parlare ai giovani di temi attuali delicati quali: le diversità culturali, l’accoglienza e l’immigrazione non con discussioni frontali, ma con il metodo “learning by doing” che, valorizzando i talenti di ciascuno li rende protagonisti del fare, mettendo in pratica ciò che si impara.

Gli studenti delle classi 4° e 5° dei corsi di enogastronomia e pasticceria – si legge nel comunicato stampa del Comune – si cimenteranno infatti nella preparazione dei piatti e dolci etnici raccontati nel libro “Favola agrodolce di riso fuorisede” di Silvia Rizzello (Kurumuny, 2016), come il riz gras, l’attieké, (Costa d’Avorio) e la makluba (Palestina), per una piccola degustazione da offrire agli ospiti presenti. La rilettura e riscrittura in chiave gastronomica della storia della cuoca Lilou, protaganista di “Riso fuorisede, sarà un’occasione per tutti per riflettere ed essere propositivi costruttori di un emblematico “gusto delle differenze”.

A parlarne con l’autrice ci saranno la Preside dello stesso Istituto Elsa Morante, dott.ssa Concetta Patianna e il Commissario del Comune Volpe. Modera l’incontro il prof. Antonio Vinci.

“Riso fuorisede” racconta l’amicizia tra Lilou Martin e la diciassettenne Priscilla Verieri. Siamo a Bari, all’inizio degli anni Novanta, quando il capoluogo pugliese, città di transito e frontiera, vive in primis l’inizio di un’epoca nuova con l’arrivo di 20 mila albanesi. In questo clima, la casa di Lilou, giovane ivoriana che lavora come cuoca alla mensa universitaria Fraccacreta, diventa porto di mare ed accogliente ritrovo per molti studenti fuorisede. Qui, tra piatti fumanti di foutou e riz gras, le conversazioni si allungano saltando dall’italiano al francese, alla lingua yacouba, dall’arabo al greco, al dialetto barese. Amalgama di variopinte identità “diversamente culturali”, è il riso, nutrimento del corpo e dell’anima – nel suo duplice significato di alimento fondamentale di tanta parte dell’umanità e di scatto liberatorio – che scardina i recinti della cosiddetta normalità e insegna «“il gusto delle differenze, in questo gioco buffo che è la vita»”.

L’autrice Silvia Rizzello, barese di nascita e globetrotter per professione e passione, è giornalista freelance e mediatrice interculturale. Scrive di cooperazione internazionale e diritti umani per diverse testate, società e organizzazioni in Italia e all’estero; collabora con le scuole come esperta di media education e intercultura. Nel 2015 ha vinto il Premio Giornalista di Puglia “Michele Campione” per la cronaca. È referente per l’Italia del progetto ugandese “Kyempapu” che garantisce istruzione, benessere e sport a bambini e giovani delle periferie di Kampala.

“Riso Fuorisede” nasce da un’indagine giornalistica e da alcune osservazioni di carattere storico-sociologico fra passato e presente sui temi dell’immigrazione e della convivenza tra persone di lingue e origini diverse. Puzzle armonico di trame, identità, disagi e bellezze umane, il libro racconta la Bari dei fuorisede stranieri dei primi anni ’90; un bell’esempio di vivacità ‘diversamente culturale’ che meritava di essere raccontato con un fermo immagine nella memoria proprio per il suo essere “avanti” rispetto a tante città italiane di ieri e di oggi. Mai come in quel periodo, il capoluogo pugliese si è arricchito di tanti scambi culturali nati in maniera del tutto spontanea e naturale, senza che di mezzo ci fossero politiche socio-migratorie. Allora le leggi sul tema erano poche o ancora in nuce. La Bari di cui si parla è la stessa che, l’8 agosto del ’91 con la venuta di 20 mila albanesi sulla nave Vlora, visse assieme a tutta l’Italia l’inizio di una nuova era: l’emergenza di “arrivi disperati”. Non a caso “Riso fuorisede” è dedicato “a Enrico Dalfino, lungimirante politico dell’accoglienza, troppo all’avanguardia per il breve tempo in cui fu sindaco di Bari” nell’epoca in cui sono narrati i fatti. Il genere dell’opera è a metà strada tra il giornalismo narrativo e una novella moderna.

Il libro è destinato prima di tutto al mondo della scuola e dell’educazione.

 

 

Michele Annese