CRISPIANO DOVE SEI ? Ovvero “ un dialetto in fuga”

Ci si appresta a onorare i nostri avi con il Centenario dell’Autonomia Comunale 1919/2019.  Al censimento ufficiale del 1921, gli abitanti della giovane Crispiano erano 5213 e, quasi tutti i Crispianesi dell’epoca, erano di estradizione contadina, con pochissima istruzione scolastica. Divenuto Comune autonomo, i Crispianesi s’identificarono nella lingua parlata, pertanto tutte le famiglie provenienti da paesi viciniori, per effetto anche del clima e vivendo a contatto con i residenti, in modo naturale si uniformarono con l’inflessione  della “ Lingua parlata Crispianese”. Non trascorse molto tempo che il dialetto crispianese si distingueva da tutti quei dialetti dei paesi limitrofi. Per cui, oltre per il proprio “status” culturale o economico di ogni individuo, si distinguevano soprattutto per la loro  inflessione  dialettale.

E’ opinione diffusa che le trasformazioni subite da tutti i dialetti, specialmente quelli in uso di limitate aree geografiche come il nostro paese, sono stati da sempre, maggiormente penalizzati. Ad esempio, nella nostra Crispiano da oltre trent’anni, con l’aumento di  famiglie provenienti dalle più disparate regioni italiane, il dialetto crispianese ha subito una successiva involuzione, confondendolo in modo spregiativo e, molto diverso da quello  che si ascoltava con  la tipica  crispianesità  originale.

Se si tiene conto delle nuove generazioni attratte dal fenomeno della “Globalenglish” citato tra l’altro già nel 2009 nel libro (Indagine sulla nascita della “ lingua parlata” Crispianese) ben si comprende come il nostro dialetto sia virtualmente in fuga. Se non dovrà estinguersi entro poco tempo, di certo, sarà una rarità ascoltarlo parlare correttamente dalle prossime generazioni, verificabile nei  prossimi vent’anni.

 I nostri affezionati lettori conoscono bene la modesta opera culturale che testimonia il dialetto crispianese con “ U Calèndarje Nustre”. Nel 2019, per il tredicesimo anno ci sarà una nuova  pubblicazione e, come gli altri anni, sarà allegata la scheda realizzata dal Glottologo Angelo Montemurro, per facilitarne la lettura e la scrittura. La scheda, dimostra quanto sia di facile interpretazione  e  di  suo adattamento.

A tal proposito, si sono riscontrate altre lodevoli iniziative di approccio scientifico della scrittura dialettale ma, si è  resa  improponibile è dichiarata tale dagli stessi ideatori. Peggior sorte è capitata ad altri precursori dialettali del passato recente, poiché la loro scrittura si rese  indecifrabile  e   terminata  presto nel dimenticatoio.

A beneficio dei nostri lettori riportiamo una parodia satirica degli anni cinquanta, cantata dal notissimo “ Cantastorie” Gesèppe a Sardèdde,  suonatore di Corno nel 1° Gruppo bandistico  fondato subito dopo l’Autonomia Comunale del 1919.

Peppenuzze u rasc^ca^tavule/ Stè ncujatète cu diavule/ cudde du castidde poveridde a jdde/ nott^e^giùrne stòn^a^penzà/ ca na sèpene com^o^na^ffà/ se l’one  peggjète cu sacrestène/ ca l’ha sunète le campène/ se l’one  pegghjète cu cammesantire/ jòsc^e na jè com^a^jeri/ a c^ha^arròbbe, vè all’unfirne.                        

“Qui e Ora Due Occhi Belli Crispius” – Francesco Santoro