sabato 9 febbraio, ore 21 al TaTÀ di Taranto
Masculu e fìammina
Saverio La Ruina, tra gli artisti più premiati della scena contemporanea italiana, sgrana delicatamente un tipico confessarsi del sud
«O masculu e fìammina cum’i chiamàvisi tu». Per la nona stagione di “Periferie”, sabato 9 febbraio, alle ore 21 al TaTÀ di Taranto, in via Deledda al quartiere Tamburi, va in scena “Masculu e fìammina” di e con Saverio La Ruina, musiche originali Gianfranco De Franco, collaborazione alla regia Cecilia Foti, scene Cristina Ipsaro e Riccardo De Leo, disegno luci Dario De Luca e Mario Giordano, produzione Scena Verticale. Durata 85 minuti. Biglietto 13 euro, ridotto 10 euro. Info e prenotazioni 099.4725780 – 366.3473430.
L’idea di base è che un uomo semplice parli con la madre. Una madre che non c’è più. Lui la va a trovare al cimitero. Si racconta a lei, le confida con pacatezza di essere omosessuale, l’esistenza intima che viveva e che vive. Non l’ha mai fatto, prima. Certamente questa mamma ha intuito, ha assorbito, ha capito tutto in silenzio. Senza mai fare domande. Con infinito, amoroso rispetto. Arrivando solo a raccomandarsi, quando il figlio usciva la sera, con un tenero e protettivo “Statti attìantu”. Ora, per lui, scatta un tipico confessarsi del sud, al riparo dagli imbarazzi, dai timori di preoccupare. Forse con un piccolo indicibile dispiacere di non aver trovato prima, a tu per tu, l’occasione di aprirsi, di cercare appoggio, delicatezza.
E affiorano memorie e coscienze di momenti anche belli, nel figlio, a ripensare certi rapporti con uomini in grado di dare felicità, un benessere che però invariabilmente si rivelava effimero, perché le cose segrete nascondono mille complicazioni, destini non facili, rotture drammatiche. Nei riguardi di quella madre, pur così affettuosa e misteriosamente comprensiva, si percepisce comunque qualche rammarico, qualche mancata armonia. Ma tutto è moderato, è fatalistico, è contemplativo. In un meridione con la neve, tra le tombe, finalmente con la sensazione d’essere liberi di dire.
Il primo reading in fieri è stato presentato a settembre 2015 nell’ambito del festival “Garofano Verde” di Roma. Lo spettacolo ha debuttato, in prima nazionale, il 13 dicembre 2016 al Piccolo Teatro di Milano, ottenendo Saverio La Ruina la candidatura al premio Le Maschere del Teatro Italiano 2017 come miglior interprete di monologo e il lavoro la selezione al premio Hystrio Twister 2017 tra i dieci titoli più amati della stagione 2016/2017.
parliamone | nel foyer, dopo lo spettacolo, Saverio La Ruina incontra il pubblico. Modera la giornalista Marina Luzzi.
Saverio La Ruina
Nato a Castrovillari, si diploma alla Scuola di Teatro di Bologna diretta da Alessandra Galante Garrone e prosegue la sua formazione lavorando con Jerzy Stuhr, Leo de Berardinis, Remondi & Caporossi. Assieme a Dario De Luca fonda la compagnia Scena Verticale (1992) e Primavera dei Teatri (1999), festival dei nuovi linguaggi della scena contemporanea. Autore, attore, regista e organizzatore, attraversa in tutti i sensi la pratica teatrale, spostandosi dalla ridondanza immaginativa e barocca della “trilogia calabro scespiriana”, verso l’essenziale consapevolezza autoriale dei monologhi: “Dissonorata” (Premio Ubu 2007 come “migliore attore” e “migliore testo italiano”), “La Borto” (premio Ubu 2010 come “migliore testo italiano” e premio Hystrio alla Drammaturgia 2010), “Italianesi” (premio Ubu 2012 come “migliore attore”), “Masculu e fìammina”. Alle tonalità del dialetto calabro-lucano, che caratterizza come elemento drammaturgico questo gruppo di opere, corrisponde il limpido italiano di “Polveri. Dialogo fra uomo e donna” (premio Enriquez 2015 per la drammaturgia e come “migliore attore”, premio Lo Straniero e premio Annibale Ruccello per la drammaturgia). Novità 2019: “Mario e Saleh”, sempre scritto, diretto e interpretato da Saverio La Ruina, in scena con un migrante musulmano.