Lettera al Ministro della Salute Roberto Speranza

Dottor Roberto Speranza,
lei ha ultimamente dichiarato: “Siamo al fianco dei lavoratori e non possiamo permettere in alcun modo la chiusura dell’Ilva e non possiamo neanche permettere lo spegnimento dell’altoforno”, aggiungendo che “l’acciaieria di Taranto è troppo importante per il Paese. Lì non si gioca soltanto una partita di quel territorio, ma è una grande questione nazionale. L’Italia deve continuare a investire sulla vocazione industriale. Il diritto alla salute e il diritto al lavoro si possono tenere insieme e noi faremo tutto il possibile per scongiurare la chiusura di quell’acciaieria.”Noi, invece, ci permettiamo di ricordarle che lei è il ministro della Salute, non quello dello Sviluppo economico e del Lavoro.Ci permettiamo di ricordarle che in tutta la Costituzione italiana l’aggettivo “fondamentale” è stato usato una sola volta, e lo si ritrova nell’articolo 32, che lei certo conosce a memoria: ‘La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività’. E’, questo, l’articolo che pone la Carta costituzionale all’avanguardia sia rispetto a numerose Costituzioni straniere, sia rispetto a quanto previsto da numerose fonti internazionali. Per questa ragione ci permettiamo di considerare quello della Salute il più importante tra i ministeri italiani.‘Tutelare’ significa ‘proteggere, difendere, garantire’; ciò trasforma il diritto alla salute in un ‘dovere fondamentale’ della Repubblica verso ogni individuo e verso l’interesse dell’intera collettività. Da questa caratteristica discendono precise conseguenze giuridiche. Il diritto alla salute va inteso come formula sintetica e in questo senso si devono considerare, all’interno di questo articolo, il diritto all’integrità psico-fisica e il diritto ad un ambiente salubre.E’ individuo anche il lavoratore e, per questa ragione, a lui si devono garantire dignità, sicurezza, salute e ambiente salubre. Secondo le nostre conoscenze, derivanti dai vari studi epidemiologici ed ambientali commissionati dallo stesso Ministero della Salute, non vi è traccia di alcuno di questi diritti, all’interno dell’acciaieria tarantina, le cui emissioni colpiscono gravemente e spesso irrimediabilmente anche il resto della cittadinanza.Essere al fianco dei lavoratori, quindi, non significa trattarli come schiavi, costringendoli ad operare per una produzione venefica in ambienti insicuri che ad ogni costo devono restare attivi.Da queste considerazioni nasce la nostra prima richiesta: pretendiamo che lei si adoperi con ogni mezzo e a qualsiasi costo per garantire la salute di cittadini e lavoratori minata dalla produzione a caldo di acciaio.La grande questione nazionale che lei nomina ci consente di proporle un ulteriore quesito: tenendo presente l’art. 3 della Costituzione italiana, le chiediamo perché a Genova la produzione a caldo, dichiarata incompatibile con la salute e la vita di cittadini e lavoratori, è stata definitivamente fermata per essere trasferita a Taranto e qui dichiarata ‘produzione strategica’ per lo Stato?Vogliamo ricordarle che in data 24 gennaio 2019 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ritenuto lo Stato italiano colpevole di non aver tutelato la salute dei tarantini, condannandolo a porre rimedio nel più breve tempo possibile alla situazione tuttora esistente. Quella che lei considera ‘grande questione nazionale’ è, in realtà, una ‘grande questione europea’ cui ancora il colpevole Stato italiano non ha posto rimedio, anzi. Il prossimo 23 gennaio, davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, è prevista la prima tappa di un nuovo procedimento contro lo Stato italiano per violazioni al diritto alla vita, al diritto a vivere in un ambiente salubre e al diritto di avere giustizia in Italia. La Corte vaglierà la possibilità di addivenire ad un accordo tra le parti. Le anticipiamo che per i tarantini, nessun accordo sarà possibile, se non si parte dalla chiusura dell’area a caldo.Pur di restare una nazione ‘a vocazione industriale’, si sta calpestando il diritto alla vita di migliaia di persone tra cui, cosa più crudele ed insopportabile, troppi bambini.Questa ostinazione nel voler dichiarare l’Italia paese a vocazione industriale sta facendo retrocedere, a livello economico, il ‘bel Paese’ in posizioni drammatiche.Tuttavia, anche se questa sua affermazione fosse vera (e non lo è), ci sentiamo di ricordarle che non può esistere Pil creato sulla salute e sulla vita dei propri connazionali, non esiste ricatto occupazionale, se quella occupazione fa ammalare e morire i lavoratori. E non esiste che si debba per forza restare il secondo paese in Europa per produzione di acciaio, se la Costituzione, per mezzo dei suoi articoli, ci propone un Paese primo per giustizia, dignità, libertà, umanità.Come ricordato precedentemente, il diritto al lavoro dipende dal diritto alla salute, senza il quale nessun diritto, seppure inalienabile, può esistere.Quindi, prendendosi le responsabilità che il suo incarico istituzionale le impone, ci rassicuri sulla salute dei tarantini e dei lavoratori in presenza della produzione a caldo e soprattutto, magari dopo essersi consultato con i suoi colleghi di Governo, ci dica perché a Genova sì (e adesso anche a Trieste) e a Taranto no.Infine, lei afferma che il Governo farà di tutto per scongiurare la chiusura dell’acciaieria tarantina. Come genitori, siamo tenuti a salvaguardare la salute dei nostri figli e a guidarli verso il futuro. Non consentiremo ad altri di toglierci questo privilegio garantito dalle leggi di questo Stato.E non faccia finta di non aver mai ricevuto questa lettera, ministro, perché verrà inviata agli organi di informazione nazionali ed internazionali.

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