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COMUNICATO STAMPA
La
decisione del Tribunale del Riesame su Afo2 ci lascia assolutamente
sconcertati perché privilegia in modo ingiusto ed illogico gli interessi
economici di ILVA e dell’attuale gestore ArcelorMittal , nonché le
esigenze dell’occupazione, a scapito della Salute e della Sicurezza,
riducendo queste ultime al ruolo di gregarie rispetto alle prime.
Sappiamo che la Corte Costituzionale nel 2013, consentendo l’uso degli
impianti nonostante il sequestro penale, ha equiparato il diritto alla
salute a quello della tutela dell’occupazione, da salvaguardare
entrambi, ma sappiamo anche che nel 2019 un organo di giustizia
superiore, e cioè la Corte Europea Dei Diritti dell’Uomo, ha condannato l’Italia, valutando anche le decisioni della Corte Costituzionale, per l’inerzia ed il ritardo nell’adeguare gli impianti alle normative vigenti.
Allora perché i giudici hanno richiamato solo le decisioni della Corte
Costituzionale e non la sentenza della CEDU che pure hanno l’obbligo di
applicare in via prioritaria rispetto a qualunque pronuncia dei giudici
nazionali? Non siamo giuristi, non siamo
magistrati, ma è forte la sensazione che la Giustizia, anche questa
volta, abbia trovato le porte chiuse, all’ingresso del territorio
tarantino. “Alla luce della ‘migliore scienza ed esperienza del momento
storico’ in cui si scrive, il rischio per i lavoratori dell’altoforno 2
deve considerarsi assai ridotto”, si legge tra le motivazioni che hanno
indotto i giudici ad accogliere il ricorso presentato dai commissari
dell’Ilva in amministrazione straordinaria. Non capiamo quali titolati
periti i Magistrati abbiano ascoltato per addivenire a tale conclusione,
ma resta un fatto: un rischio, per quanto ridotto, resta un rischio.
Come quello che nel 2015 costrinse una famiglia (ed una intera comunità)
a piangere la scomparsa del giovane Alessandro Morricella. Tra
le prescrizioni elencate dal Tribunale del Riesame, viene concesso ai
gestori dell’impianto un tempo di sei settimane per l’adozione dei
dispositivi attivi che servono, in caso di pericolo, ad avvertire i
lavoratori, consentendogli di potersi allontanare dall’altoforno.
Questo, già di per sé, dovrebbe vietare agli operai di avvicinarsi, e
quindi di lavorare, all’impianto dissequestrato fino al totale
completamento della prescrizione. Ci attendiamo, quindi, che gli operai
non vengano costretti ad operare nelle stesse condizioni che portarono
alla morte di Alessandro. Ad oggi «è pressoché pacifica – puntualizzano
ancora i giudici – l’entità del tempo necessario per adempiere alla più
importante tra le residue prescrizioni, posto che vi è sostanziale
convergenza tra custode ed Ilva in amministrazione straordinaria.
Trattasi di macchinari che, finendo per escludere la presenza umana nei
luoghi ove trovò la morte il giovane operaio Alessandro Morricella,
porteranno (in concorso con tutte le altre prescrizioni già adempiute)
all’ulteriore riduzione del rischio per i lavoratori dell’Altoforno 2,
entro i limiti di legge». Questo ci fa capire che, ancora oggi, a
distanza di oltre 4 anni, i rischi per i lavoratori vanno al di là dei
limiti consentiti dalla legge e nessun giudice dovrebbe consentire ad
alcuno di lavorare in tali condizioni. I Giudici hanno scritto che è
loro obbligo giuridico applicare i principi posti dalla Corte
Costituzionale. Però applicano questi principi parzialmente. Compiono il
bilanciamento degli interessi in gioco per arrivare ad un giusto punto
di equilibrio, ma si dimenticano del tutto dell’altro principio
stabilito dalla Corte Costituzionale e cioè che il diritto alla salute
poteva essere esposto a rischio solo entro un limitato periodo di tempo ( 3 anni con riguardo alla realizzazione di tutte le prescrizioni AIA) e si dimenticano altresi di applicare il principio europeo di precauzione.
In questo caso sono passati, invece, quasi 5 anni dal tragico evento e
le prescrizioni impartite per l’adeguamento di AFO2 ancora non risultano
adempiute. Era quindi obbligo dei giudici applicare anche questo
principio e non concedere alcuna proroga. Un’altra pagina nera è stata
scritta e consegnata alla Storia. E noi tarantini così ci sentiamo
ancora una volta, inevitabili danni collaterali a garanzia di una produzione strategica, scarti di produzione da seppellire, infinitesime perdite di esercizio.Non
dimenticheremo i nomi dei giudici della Corte Costituzionale che nel
2013, con una decisione politica , hanno equiparato il diritto alla vita
ed alla salute , unico ad essere definito fondamentale nella
Costituzione, agli altri di grado inferiore. La misura è colma e siamo stanchi di subire ingiustizie da parte di quelle istituzioni che invece dovrebbero tutelarci.