UNA RIFLESSIONE SUL TERRITORIO A CONCLUSIONE DEL CENTENARIO, NEL RICORDO DI LINO BELLO.

A 100 anni dall’autonomia del paese verrà ricordata la data di fondazione del «Centro Studi Angelo Carmelo Bello». In memoria di un concittadino che tanto si è adoperato per la storia locale, attraverso ricerche minuziose di documenti e di testimonianze, di studi approfonditi, di pubblicazioni. La prematura dipartita, avvenuta il 28 ottobre 2017, ha interrotto questo lavoro prezioso, ma Angelo Carmelo Bello, che è stato anche avvocato della Sacra Rota, docente di Diritto e Amministratore comunale, ha lasciato il testimone alla figlia Maria Vittoria e alla moglie Anna Leo. Sono loro che hanno voluto dare vita a un Centro, nel quale raccogliere tutto il materiale delle ricerche e del meticoloso lavoro di studioso dello stimato «Lino Bello». Poter attingere ai suoi scritti per proseguire la storia del paese, da parte di volenterosi e seri intellettuali, locali e non, è l’auspicio della famiglia Bello, che per raggiungere la finalità del Centro si è accollata gli oneri necessari. Il Centro è in corso Umberto n. 210.  Anna Leo, moglie di Lino,  è la presidente, coadiuvata da Francesca Laera.

Crispiano ha compiuto 100 anni, e la storia  sembra essersi divertita ad accompagnare la nascita della comunità autonoma crispianese con una pandemia (la spagnola del 1920) e a festeggiare il suo Centenario con un’altra pandemia (coronavirus del 2020). Forse una forma di esemplare incoraggiamento. I progenitori dovettero gestire il virus e avviare nel mare della storia il «paesello»; la generazione attuale, oltre a gestire il virus, deve traghettare verso il prossimo centenario il «paese», che ha scritto tante pagine belle della sua storia e attende gli «scrivani» adatti per onorare la sua identità e, riecheggiando Pasquale Mancini, per tracciare percorsi nuovi, «con gli occhi rivolti a nuovi orizzonti di maggiore grandezza fra il plauso di sua gente».

Sbirciando tra i documenti del prof. Bello, ricaviamo utili informazioni per una mini cronistoria del paese.

Il territorio di Crispiano era abitato fin dal 1500 – 1300 avanti Cristo. Ne sono testimonianza le tracce di insediamenti che rimandano a etnie messapiche, iapigie, greche e romane. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce tombe, corredi vascolari, un corredo funerario aureo (in contrada Cacciagualani). Dominante l’insediamento greco nella Amastuola (oggetto di studio per diversi anni  della Libera Università di Amsterdam, diretta dal prof. Burges) e quello romano (le ville) nelle contrade intensamente sfruttate e abitate in epoca imperiale.

Fra il Medio Evo e l’Età Moderna il territorio di Crispiano risultava interessato dalla presenza di vari casali, appartenenti all’Abbazia santa Maria di Crispiano, il cui feudo occupava la parte centrale del territorio. Abbazia esistente nel 1226, come testimoniano vari documenti. Tutta la vita del casale ruotava intorno alla Chiesa rupestre «Santa Maria dell’Odegitria», divenuta in seguito Chiesa Abbaziale, posta in località Castello lungo il costone del Vallone. (il Castello era una struttura  fortificata, dove all’occorrenza i monaci e gli abitanti del casale potevano trovare rifugio).

Verso la fine del 1200, un luogo di culto più ampio, in ragione dell’aumentato numero degli abitanti del villaggio, fu  la Chiesa di Sant’Angelo (oggi Chiesa Vecchia). Purtroppo il timore di saccheggi e di violenze, ad opera dei Turchi, invasori del comprensorio tarantino, portarono all’abbandono del casale e all’abbandono dell’Abbazia da parte dei monaci basiliani. Passarono oltre due secoli prima di rivedere il territorio crispianese abitato.

Nel 1400 grossi proprietari, nobili, e alto borghesi di origine martinese e tarantina, occuparono il territorio. E’ il periodo in cui nacquero  le prime masserie: aziende agricole a coltivazione cerealicola estensiva, destinate per lo più all’allevamento del bestiame.

La marginalità dei terreni e la loro lontananza dai grossi centri abitati fanno sì che queste aziende, fino alla metà del 1700, siano state povere di vita famigliare, limitate in genere ad alloggi per i coloni e per gli animali.

Il paese rinacque nella seconda metà del 1700. Si registrò in quel periodo un flusso migratorio di braccianti e piccoli artigiani, provenienti dai paesi vicini, soprattutto da Martina Franca, che andarono ad abitare, con le loro famiglie, le grotte naturali che avevano ospitato il casale medievale, riadattandole alle loro necessità e cominciando timidamente a costruire qualche «casedda»  di pietre.

Nel periodo in cui erano più intensi i lavori agricoli, si aggiunse  un gran numero di forestieri, soprattutto leccesi, che dimoravano nelle masserie. Verso la fine del 1700 l’immigrazione aumentò e si registrò anche un incremento demografico dovuto a una maggiore natalità. Molte famiglie risiedevano ormai stabilmente.

«In breve tempo tutti erano imparentati con tutti e anche i nuovi arrivati, attraverso le alleanze matrimoniali, si integrarono nella comunità. I vincoli di parentela fecero superare le diffidenze e le diversità di provenienza e furono apportatrici di unità e omogenizzazione, generando, da gente di diversa provenienza, i  crispianesi ».

Per tradizione, si fissa al 1794 la nascita della Crispiano moderna.

La presenza di notevoli nuclei famigliari è documentata dall’attenzione alla conduzione spirituale di queste «anime»  da parte dell’autorità ecclesiastica diocesana.

All’inizio del 1800  si registrò una presenza stabile di circa 300 abitanti, fra piccoli proprietari, lavoratori giornalieri e dipendenti delle masserie.

Così il 13 novembre 1826 l’arcivescovo Giuseppe Antonio de Fulgure istituì a Crispiano una parrocchia di regio patronato, intitolata a S. Maria della Neve e localizzata nell’antichissima Chiesa Vecchia.

La scarsa capienza della Chiesa per le funzioni liturgiche indusse i crispianesi a «unire le forze» per realizzare, nell’ultimo decennio del 1800, l’attuale Chiesa Madre dedicata alla Madonna della Neve e la  Chiesa di S. Francesco. Vennero anche istituite le due Confraternite legate alle due parrocchie e venne costituita la Società Operaia.

Era ormai necessario che il paese avesse la sua vita autonoma. Si formò così il Comitato per l’autonomia comunale e, dopo 30 anni di impegno da parte di bravi cittadini, l’autonomia,  come tutti i crispianesi sanno, si ottenne nel 1919 e fu proclamata,  con regio decreto n. 2430,  il 14 novembre.

Negli anni seguenti il paese si dotò del telegrafo, della rete elettrica, dell’ Acquedotto pugliese e della linea ferroviaria Sud-Est.

Non ci sono molte notizie relative alla nascita del borgo di san Simone, frazione di Crispiano. Il Casale di san Simone nel corso dei secoli faceva parte dei beni dell’Abbazia  di Santa Maria del Galeso. Già dal 1100 l’arcivescovo di Taranto aveva affidato la cura spirituale  dei suoi abitanti ai monaci Cistercensi. Nel corso dei secoli ha seguito probabilmente le vicende e gli sviluppi delle grandi masserie del territorio. Nel 1936 fu edificata e consacrata la chiesa di san Michele Arcangelo. Negli anni 40 era attiva una scuola rurale pluriclasse dipendente da Martina Franca, aggregata verso la fine degli anni 50 alla scuola elementare  di Crispiano. Oggi è un piccolo borgo, reso elegante dall’orgogliosa  cura dei suoi residenti, cittadini di Crispiano a tutti gli effetti. Le sue piazzette sono un ottimo palcoscenico per eventi artistici e gastronomici. I suoi bar, unica attività commerciale attiva, attirano l’attenzione di giovani e  adulti,  soprattutto nei mesi estivi. Angoli di fresco ristoro, un posto alternativo alle movimentate vie del paese.

Si conclude,  quest’anno, il ricordo del centenario.

Quale è stato lo sviluppo sociale, culturale, economico, di quella comunità formata da contadini e artigiani?

Nei primi 50 anni (1920-1970), i crispianesi si sono dedicati prevalentemente all’agricoltura, ma anche ad attività artigianali e commerciali, molto apprezzate.

Molte famiglie hanno conosciuto la difficoltà dell’emigrante  in cerca di occupazione. America, Somalia, Francia, Belgio, Germania, nord Italia furono i luoghi di destinazione.

Negli anni 50, i localiadibiti ad aule, di corso Umberto furono abbandonati  e i ragazzi cominciarono a frequentare la scuola elementare «P. Mancini» e l’Avviamento professionale statale a tipo agrario e industriale femminile, nei locali dell’ex Convento «Spezzaferri» (in via Foggia, dove ora sorge un complesso edilizio con, sottostante, diversi esercizi commerciali).

Negli anni 60 si formarono le prime sezioni di scuola media unica o sperimentale. Molti ragazzi, e anche ragazze, cominciarono a frequentare la scuola media superiore, a Taranto e a  Martina Franca. Alcuni proseguirono  gli studi all’Università. Nel paese si  erano ormai affermati i primi  medici e alcuni professionisti, tra ingegneri, insegnanti, geometri.

L’Italsider fu la novità del tempo. Molti contadini divennero operai e il boom economico entrò nelle case.

Le sezioni calcistiche  e l’Azione cattolica  erano le uniche  istituzioni che garantivano una forma di aggregazione per adulti e giovani.

Poi arrivò la Biblioteca  comunale «Carlo Natale”, luogo in cui i ragazzi si recavano per le ricerche scolastiche e gradatamente trasformata, dal suo direttore Michele Annese, in Centro di promozione culturale,  luogo di lettura, di studio, Centro propulsore di manifestazioni letterarie, teatrali, sociali, musicali. In Biblioteca si  formò il primo nucleo dell’Arci e quello della Pro Loco.

Una conquista strutturale e culturale di quel tempo fu la costruzione di un ponte  di pietra,frutto di una geniale intuizione dell’ing. Vito Caramia, che collegava le opposte sponde del Vallone, facilitando così la comunicazione  tra due aree in  espansione  del paese.

Negli anni 70 l’edilizia di Crispiano migliorò la sua immagine. Il progresso economico, garantito dal lavoro nell’industria siderurgica, innalzò il livello socio-culturale delle famiglie.

L’interesse per l’agricoltura, come attività economica redditizia, diminuì. Le stesse masserie furono abbandonate  da coloni, fittuari, e dagli stessi proprietari. Strutture, una volta dinamiche, erano a rischio di degrado.

Una documentazione fotografica della loro ricchezza e bellezza fu curata proprio dalla Biblioteca, con un progetto che, nel decennio successivo, ha portato alla notorietà il paese come «territorio delle Cento masserie”.

Intanto la Biblioteca si qualificava sempre più per le sue iniziative e proposte culturali d’avanguardia, tanto da essere definita «il fiore all’occhiello» nel panorama culturale regionale.

Nel secondo cinquantennio  (1980-2020) il volto del paese è cambiato.

Negli anni 80 venne costruita una seconda scuola elementare, intitolata a «Giovanni XXIII», nel rione Crispianello, centro  storico della Crispiano moderna. Fu anche avviata, nei locali  dell’Orfanotrofio Cacace, dove già era ospitata una scuola materna, la prima scuola  media superiore: l’Istituto Professionale Alberghiero. Ad esso fu poi aggregata una sede staccata dell’Istituto tecnico commerciale di Martina Franca.

La costruzione di una terza Chiesa, intitolata a Santa Maria Goretti,  rispose al bisogno di cure spirituali di una fascia di popolazione abitante in una zona a forte espansione edilizia, nella vecchia contrada Difesa.

Negli anni 90  si avviarono i lavori di costruzione della rete di distribuzione del metano. Il vecchio ponte «Caramia», in pietra, venne sostituito  dall’attuale ponte di ferro, realizzato dal sindaco Giuseppe Scialpi, intitolato al giudice Giovanni  Falcone, (vittima di un attentato terroristico mafioso  nel giorno precedente a quello in cui si inaugurava il nuovo ponte,  24 maggio 1992) successivamente intitolato  anche al giudice Paolo Borsellino. Fu  reso fruibile l’accesso alla Villa comunale, realizzata nel decennio precedente. Per i crispianesi essa diventava  una  fortunata oasi di verde nel centro del paese,  gradito luogo di socializzazione per adulti e bambini, sede ambita per balli serali e manifestazioni artistiche. 

Crispiano era una comunità vivace, Arci e Pro Loco organizzavano manifestazioni  artistiche, teatrali, musicali, gastronomiche. La Biblioteca continuava ad essere punto di riferimento culturale, attraverso la promozione di eventi di alto spessore.

Nell’ultimo trentennio (2000-2020)  il volto economico del paese appare variegato. L’agricoltura è condotta da pochi esperti di età matura. Molti giovani hanno dato vita  ad attività di ristorazione, o si sono collocati in attività del terzo settore. Tanti altri, proseguendo gli studi,  sono rimasti nel nord Italia, o si sono ben inseriti in altri Stati europei. Lo spirito di aggregazione, che è tipico dei crispianesi, ha portato alla nascita di decine di associazioni, orientate verso attività sportive, verso la frequentazione  di palestre, di scuole di ballo e di musica, di corsi di cucito  e ricamo. L’omologazione ha portato a una più diffusa comunicazione digitale e a una perdita delle relazioni interpersonali, di cui si comincia a  sentire la nostalgia.

Stentano a decollare i gruppi culturali. La stessa Biblioteca, dopo 50 anni di attività (1964-2014), ha calato il sipario.

E’ necessario dare una svolta. Il «Centro  Studi Angelo Carmelo Bello» vuol essere oggi un’occasione per risollevare il livello culturale  del paese, per  risvegliare l’orgoglio dell’identità crispianese. Occorre  tramandare alle generazioni del secondo Centenario eventi significativi, conquiste e innovazioni, saldi punti di riferimento.

Il Centro si propone, anzitutto, di sollecitare e sostenere iniziative volte  a favorire la memoria storica di «Lino Bello» ; di promuovere ricerche e studi storici specifici; di conservare e valorizzare e usufruire del ricco patrimonio documentario esistente; di favorire lo scambio di documentazioni nel quadro di una  collaborazione tra Enti pubblici e privati, nazionali e internazionali; di progettare e ampliare attività di ricerca e di formazione, per studenti e studiosi.

Un ventaglio variegato di proposte che attende la classe  dei professionisti, future guide del paese.

Silvia LADDOMADA