Verso la fine del XIX secolo nel movimento operaio di tutto il
mondo crebbe la rivendicazione per arrivare all’obiettivo delle
otto ore di lavoro al giorno.
Già nel 1855 in Australia venne coniato il famoso slogan:”otto
ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore di riposo”. In Europa un vero movimento di lotta per il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori non si caratterizzò verso la riduzione giornaliera dell’orario di lavoro ma, come avvenne in Inghilterra verso la fine del secolo con il luddismo, (da Nel Ludd operaio inglese che nel 1779 distrusse un telaio meccanico), movimento operaio che si opponeva all’introduzione delle macchine nell’industria perché viste come causa di disoccupazione.
Il Congresso dell’Associazione internazionale dei lavoratori –
Prima Internazionale – riunito a Ginevra nel 1866 considerò la
riduzione delle ore di lavoro una condizione preliminare per poter ottenere qualsiasi miglioramento ed emancipazione delle classi lavoratrici.
Fu tra operai statunitensi che questo obiettivo fece più presa, tanto che i sindacati americani perseguirono con tenacia questa rivendicazione e assunsero la drastica decisione che a partire dal 1° maggio 1886 gli operai americani non avrebbero accettato di lavorare più di otto ore al giorno.
I MARTIRI DI CHICAGO
Il 1° maggio 1886 cadeva di sabato, allora giornata lavorativa,
ma in 12.000 fabbriche degli Stati Uniti circa 400.000 lavoratori
incrociarono le braccia. Nella sola Chicago, centro nevralgico
dell’economia americana, furono 80.000 a scioperare e a
partecipare, vestiti a festa, al grande corteo ed al comizio. Tutto
si svolse pacificamente ma nei giorni successivi, a seguito di
scioperi di protesta contro i licenziamenti, la Polizia fece fuoco
contro i lavoratori presenti davanti i cancelli di una fabbrica,
uccidendo 4 lavoratori.
Ci furono altri scioperi ed altre uccisioni e feriti provocati dalla
Polizia, anche di stessi poliziotti.
Il 20 luglio 1889 il Congresso costitutivo della Seconda
Internazionale, riunito a Parigi decise che per il 1° Maggio 1890
in tutti il mondo i lavoratori avrebbero manifestato
contemporaneamente per chiedere alle pubbliche autorità di
ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore di lavoro.
Da quel momento il 1° maggio è diventata una giornata simbolo,
di festa e di lotta, per tutti i lavoratori nel mondo.
In Italia questa ricorrenza di festa e di lotta si è sempre
caratterizzata a seconda della situazione sociale e storica del
paese e ha rappresentato il massimo momento di visibilità delle
rivendicazioni dei lavoratori, dalla richiesta del suffragio universale dell’inizio del XX secolo, all’avversione alla scelta
colonialista nel 1912 durante la Guerra di Libia.
Il 1° maggio del 1915 si caratterizzò contro l’intervento dell’Italia nella 1^ guerra mondiale mentre il 1° maggio del 1919
segnò la prima reale conquista del proletariato con la conquista
della giornata lavorativa a otto ore ottenuta dai metallurgici.
Il Fascismo, salito al potere dopo la marcia su Roma del 1922, cancellò la ricorrenza del 1° maggio dal 1923 fino alla fine della seconda guerra mondiale.
Il 1° maggio tornò a celebrarsi nel 1945, a pochi giorni dalla Liberazione, in un clima di grande entusiasmo. Partigiani, lavoratori, anziani che conservavano la memoria del Primo Maggio di prima del Fascismo e giovani che non l’avevano mai celebrato, si ritrovarono insieme nelle Piazze a festeggiare il“Primo Maggio di liberazione e di vittoria” e a salutare l’unità sindacale realizzata nella nuova Cgil.
Il 1° Maggio del 1946 cadde nel mezzo della campagna elettorale per il Referendum Istituzionale (tra Monarchia e Repubblica) e l’Assemblea Costituente e rappresentò una grande occasione per far sentire la decisa volontà dei lavoratori di voltare pagina, mettendo fine alla Monarchia compromessa con il Fascismo.
Fu coniato uno slogan che auspicava l’avvento della nuova stagione Repubblicana: “Primo Maggio, primavera della democrazia”.
Purtroppo la primavera di speranza durò poco e dal 1° maggio 1947 venne il segnale che il clima stava volgendo al peggio.
PORTELLA DELLA GINESTRA
La strage di Portella della Ginestra del 1° Maggio 1947 rappresenta una delle pagine più sanguinose della Storia recente dell’Italia.
Qui i contadini siciliani, riprendendo una vecchia consuetudine risalente a prima del Fascismo, si erano dati appuntamento con donne, bambini e anziani, anche per festeggiare la fine della sottomissione al potere feudale dei grandi
latifondisti siciliani, riappropriandosi delle terre incolte e mal coltivate.
Questo suscitò un allarme per gli agrari che vedevano minacciato il loro potere ritenuto intoccabile.
Per riprendere il controllo della situazione la Mafia si servì del separatismo, affidando alla Banda di Salvatore Giuliano il compito di intimidire ed uccidere i sindacalisti, i Capi Lega e i dirigenti dei partiti di sinistra.
In cambio dei suoi servigi il bandito si fece promettere l’impunità e la possibilità di riparare all’estero, anche se poi tradito da Gaspare Pisciotta, suo luogotenente, fu ucciso.
Il 1° maggio 1947 i banditi spararono sulla folla inerme uccidendo 9 persone e ferendone 50.
La strage di Portella della Ginestra segnò anche il preludio della fine dell’unità sindacale durata dal 1948 fino al 1970, periodo durante il quale il 1° maggio venne ricordato separatamente dai Sindacati.
Il 1969/70 segna anche la conquista per tutti i lavoratori delle 40 ore settimanali di lavoro.
L’inizio del terzo millennio segna un momento di grande difficoltà e divisione all’interno delle organizzazioni sindacali a seguito del patto per l’Italia firmato dalle sole CISL e UIL, senza la CGIL, con il 2° Governo Berlusconi e che porta anche alla divisione dei Metalmeccanici con la sottosicrizione separata, senza la FIOM, del CCNL nel 2003. Questa divisione resterà fino al 20 gennaio 2008, data nella quale verrà sottoscritto unitariamente da FIM-FIOM-UILM il nuovo Contratto Nazionale dei Metalmeccanici.
La grave crisi economica del 2008, forse peggiore di quella del 1929, registrera’una nuova grave divisione del movimento sindacale, con l’accordo separato senza la Cgil, col Governo e Confindustria sul modello contrattuale, divisione che durera’ fino al 2018. Nel contempo anche i Governi succedutosi dopo la caduta di Berlusconi nel 2011, scaricheranno sui lavoratori i costi della crisi, con l’approvazione di leggi che rendono sempre piu’ precari i diritti dei lavoratori (Jobs Act, cancellazione dell’art. 18.,etc) e con tentativi populisti di eliminazione dell’intermediazione e del ruolo del Sindacato.
Il 1* Magggio 2019 segna una ripresa dell’iniziativa del Sindacato con la grande Manifestazione Nazionale Unitaria del 9 febbraio a Roma, premessa necessaria per respingere i rigurgiti xenofobi, razzisti e nazionalisti che stanno emergendo in tutta Europa e che rischiano di mettere in discussione la democrazia e le conquiste sociali per tutti.