“Molta parte dell’anima nostra è dialetto” diceva Benedetto Croce. E il rischio è proprio quello di perdere l’anima del nostro paese, fatto di soprannomi, di cultura contadina, di strette di mano, di personaggi atipici e soprattutto di una sua lingua peculiare. Una lingua che consente di esprimere concetti che, detti in italiano, perderebbero di sapore. Eppure la seria volontà di salvare il nostro dialetto non c’è, se non in poche persone. Una di questi sicuramente è Michele Vinci, che da anni (tanti anni) sforna lavori in vernacolo: commedie, poesie e molto altro (celebre la sua rubrica fissa sul periodico Polìtes e poi su Voltalacarta in cui proponeva ogni 15 giorni una poesia con lo pseudonimo di Omero). E dopo il successo della prima edizione, ecco che Vinci, in collaborazione con le associazioni Agorà e Il Velario, con le scuole Pasquale Mancini, Giovanni XXIII e Francesco Severi, e con il patrocinio dell’ente comunale, presenta la nuova rassegna di “Parle come ta fatte mamete”. Gli studenti crispianesi si sono cimentati con la scrittura di testi in vernacolo e mercoledì 10 giugno 2015, alle 19.30, presso il Centro Pastorale SS. Francesco e Chiara, ci sarà la serata conclusiva di questo lavoro che ha visto coinvolti 183 alunni di 17 classi, per un totale di 88 lavori. Il tutto senza nessuna promessa di premi eclatanti, ma solo con lo spirito di valorizzare uno dei patrimoni più importanti di Crispiano: la nostra lingua.
Fonte: Associazione Agorà