Un dato significativo di quanto il nostro paese si stia impoverendo culturalmente e di come si sia fermato il suo ascensore sociale.
D’altronde la cultura è un tema rimosso in questa campagna elettorale, mentre dovrebbe essere una delle priorità su cui intervenire. Per troppi anni si è disinvestito su scuola e università, si è favorito la frammentazione delle conoscenze e mortificato gli strumenti del sapere critico, si è sposato l’idea della formazione come strumento di competizione economica più che di crescita umana e civile, si sono ignorati i rischi del divario digitale. L’invadenza di modelli commerciali poveri di valori e significati ha fatto il resto. Troppi cittadini vivono una condizione di subalternità culturale che li spinge nella marginalità sociale. Tanto più in una fase di crisi, le persone hanno bisogno di strumenti per sapere e capire, coltivare capacità critiche e competenze di cittadinanza. Dove ci sono più opportunità culturali migliorano qualità di vita e relazioni sociali. Investire nella cultura diffusa e nell’educazione permanente, contrastare il nuovo analfabetismo, favorire l’accesso ai consumi culturali alla portata di tutti e in tutte le fasi della vita, qualificare l’offerta culturale nelle periferie e nei piccoli centri con l’apertura di biblioteche, cinema, teatri, spazi musicali: tutto questo non è un costo, ma un investimento nel capitale umano del paese.
La cultura è una scelta strategica per lo sviluppo. L’industria culturale in Italia occupa un milione e mezzo di addetti e produce il 5% del pil, il nostro patrimonio artistico e paesaggistico offre enormi possibilità di nuova occupazione. È insensato che nel dibattito sulla crescita manchi ogni riferimento agli incentivi per le attività produttive legate alla cultura o alle politiche di sostegno all’associazionismo culturale, migliaia di esperienze che contribuiscono a qualificare le opportunità dei territori con offerte diversificate in cui ciascuno può trovare stimoli per la propria crescita personale e sociale.
Veniamo da anni bui, in cui si è sostenuto che «con la cultura non si mangia». Bene, dobbiamo far capire a tutti che invece la cultura produce sviluppo e buona occupazione, e soprattutto nutre le menti e i cuori di cittadini più maturi e consapevoli.
Paolo Beni – Presidente Nazionale ARCI
Fonte: vito trisciuzzi – presidente comitato arci valle d