Uno solo di questi aerei, dice lo slogan della campagna, vale 183 asili nido per 12.810 bambini.
Il no all’acquisto F35 è divenuto il simbolo di un’Italia che si vuole rispettosa del dettame costituzionale, che ripudia la guerra, che si mostra attenta a orientare la spesa pubblica verso il welfare e il lavoro, a evitare ingiustificati sprechi di risorse pubbliche.
Al tempo della crisi, in cui diminuiscono queste risorse per scuola, lavoro, servizi sociali, in cui cresce la preoccupazione per il presente, e la condizione dei giovani si fa allarmante, in cui è ridotta al lumicino la spesa per la cooperazione internazionale, continuare a voler investire in strumenti di guerra appare veramente inquietante oltreché ingiustificato.
Al tempo della crisi bisognerebbe interrogarsi di più sul futuro, mettere all’ordine del giorno lo studio di interventi incisivi, di riforme strutturali, l’eliminazione degli sprechi e delle subalternità a lobbies economiche.
La vicenda degli F35 sollecita anche in questa direzione, nella necessità di ridefinire il nostro modello di difesa, in modo di ridisegnarlo alla luce della nostra Costituzione, dei cambiamenti di scenario internazionale intervenuti, dell’integrazione e cooperazione europea, della forte riduzione dei suoi costi. Le misure proposte dal ministro non vanno purtroppo in questa direzione.
Per questo Arci è impegnata nella giornata di mobilitazione del 25 febbraio, promossa dalla campagna in 100 città italiane, si fa promotore di o.d.g. dei consigli comunali sull’esempio di Firenze, rilancia la raccolta firme (www.disarmo.org/nof35/), si impegna con propri materiali e iniziative.
Fonte: Trisciuzzi Vito – Arci Comitato Valle d’Itria