La ”Lingua parlata Crispianese” appartiene a quei dialetti che alle loro origini subirono influenze linguistiche provenienti da diverse aree circostanti. Come tutti i dialetti “il Crispianese” fu influenzato da fattori di natura sociale (quali le migrazioni) o politica (quali le dominazioni straniere). Il nostro dialetto è stato definito dai glottologi di “Transizione” con origini pugliesi-salentine, senza trascurare quelle notissime influenze Greco-Latine-Normanno sostenute da molti studiosi di linguistica. Crispiano nel secolo XIX, accolse fra le sue mura molti cittadini provenienti dalle più svariate zone limitrofe che in seguito, assunsero una propria identità caratterizzandosi attraverso elementi culturali che vedevano la partecipazione di tutti i cittadini a socializzare tra loro.
Per ogni Crispianese nei primi anni del Novecento la “parlata dialettale” rappresentava ‹‹la lingua del cuore, la lingua adottiva, la lingua sposata, la lingua amata››. “L’idioma materno” contribuiva a far sognare anche in dialetto. La parlata dialettale per i Crispianesi del 2011, rappresenta “ La Memoria” di quei cittadini che il 14 Novembre 1919 creò la loro identità riconoscendosi giuridicamente rappresentati, partecipando alla vita creativa della propria città. Nell’epoca della “GlobalEnglish” tre quarti della popolazione mondiale parlano in Lingua Inglese. La seconda lingua si è resa necessaria e come tante altre “ seconde” cose, sono più che uno Status Symbol, una necessità d’evidente comunicabilità. Il dialetto Crispianese si potrebbe rivelare obsoleto o, quanto meno sconosciuto nella Babele linguistica attualmente in atto dove occorre confrontarsi in altre dimensioni culturali appropriate. Il leggendario romantico eroe “Lawrence D’Arabia” nel tentativo di darsi una ragione del suo “Io” diviso, diceva: chi possiede due lingue, perde la sua anima. Noi, d’epoca diversa a quella del mitico condottiero prendiamo ad esempio l’informatica moderna con il WEB, prossimo a programmi di terza generazione che non prescinde da quelli di prima generazione. Rievocando i nostri avi che ci hanno consegnato l’eredità del nostro dialetto, siamo convinti che la lingua dialettale per quanto remota o dimenticata, rappresenti un ricco mondo interiore che può in modo fertile e creativo integrarsi con la realtà in cui si vive. Siamo convinti che il linguaggio dialettale, non perde la sua anima, a patto che non si perdono quelle parti di se stesso, che parlano, pensano, amano e sognano in lingue diverse, sia essa la madre lingua o la conoscenza di una lingua straniera. Il dialetto può essere una “ voce di dentro” legato al mondo delle emozioni e degli affetti. Non si nota quali emozioni interiori potrebbero dare i nuovi suoni di una lingua da interpretare. Molto prima di imparare a parlare i bambini sono immersi in un bagno di parole, e le parole che ascoltano sono insieme di suoni, sapori, odori, sensazioni piacevoli o penose, che in seguito rimangono nel linguaggio della nostra prima memoria. Crispiano per il 92° anniversario dell’Autonomia del Comune (14 Novembre 1919) ha visto – per il sesto anno consecutivo – la pubblicazione di duemila copie del “ U Calèndarje Nustre – 2011” con l’inserimento di 365 detti, proverbi e modi di dire in vernacolo crispianese, a testimoniare la cultura dei nostri avi per i quali il proprio linguaggio rappresentava la loro carta d’identità, poiché se pur analfabeti, quando veniva a mancare un anziano, scompariva una biblioteca della memoria.
Fonte: Francesco Santoro