Noi festeggiamo con amarezza questa ricorrenza, a pochi giorni dall’approvazione da parte del Governo di un “Piano Infanzia” su cui abbiamo espresso in più sedi il nostro dissenso perché carente su punti a nostro avviso fondamentali:
• mancano le risorse per attivarlo;
• si ignora il tema della partecipazione, a parte un breve passaggio (nemmeno ben definito) sull’ascolto;
• non c’è una chiara individuazione dei soggetti attuatori e di strumenti, tempi di realizzazione, attività di monitoraggio e di valutazione;
• non si prevedono azioni orientate all’attivazione di “Patti generazionali”;
• non si prevedono azioni rivolte ai minori stranieri;
• manca la definizione dei livelli essenziali, definiti e garantiti, di tutti i servizi rivolti all’infanzia e all’adolescenza.
Nella società italiana è in atto un progressivo processo di emarginazione e ghettizzazione nei confronti dei ragazzi e delle ragazze, quasi una segregazione di stampo securitario, che propone luoghi, tempi e spazi protetti e isolati, perché il resto del mondo è ormai percepito come “fuori controllo”. Questo comporta una pericolosa deriva verso la logica esclusiva dei servizi per l’infanzia, considerati i soli a poter essere educativi. Noi pensiamo invece che la funzione educante dovrebbe poter essere svolta con competenza – dando a ciascuno il suo – da tutti gli attori adulti delle nostre comunità (dai vigili agli spazzini, dai nonni alle cassiere, dagli architetti agli amministratori locali, fino ai legislatori).
E’ evidente, tanto nei fatti quotidiani quanto nelle scelte politiche, che non si è affermata la cultura dei diritti dell’infanzia proposta dalla Convenzione ONU. Si preserva unicamente l’aspetto della protezione, dimostrando ancora una volta la rinuncia della società adulta a considerarsi e proporsi come educante. Ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze stiamo offrendo una brutta immagine del mondo adulto, farcita di pessimi contenuti: l’idea che l’individualismo e l’arrivismo siano vincenti rispetto al senso di comunità, che il competere vinca sul cooperare, che fare mercimonio del proprio corpo sia il miglior investimento sul futuro. E che alla fin fine tutto questo sia normale nelle relazioni umane e sociali. Noi non possiamo e non vogliamo adeguarci.
Guardiamo con preoccupazione all’aggravarsi di una vera e propria emergenza educativa nella società italiana. Servirebbero scelte politiche e azioni concrete per contrastare questa deriva, e invece assistiamo alla progressiva erosione delle risorse per il settore sociale, educativo e culturale. E’ miope non capire che il benessere dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze, è un investimento non solo per il futuro ma anche per il presente del nostro Paese.
Dobbiamo riaccendere i fari sul ruolo decisivo dell’educazione popolare. Rilanciare il senso e l’azione derivante dalla funzione educativa non formale e informale dell’associazionismo, per offrire alle nuove generazioni strumenti con cui affrontare il cambiamento, per proporre agli adulti, alle famiglie e alla “cultura” un punto di riferimento pedagogico, ma anche operativo, per superare questa deriva.
L’associazionismo è già di per se un’idea di comunità educante e come tale un modello da sostenere. In questi tempi bui il nostro impegno è dare senso alla parola solidarietà investendo sull’educazione reciproca, sulla vicinanza, su una nuova coesione sociale, sulla consapevolezza di chi, costruendo per il proprio futuro, agisce sul proprio presente. L’Infanzia e l’adolescenza rappresentano l’uno e l’altro.
Ripartiamo dal basso, dalle persone e dalle comunità, per costruire e ricostruire società.
Il 20 novembre è il giorno dei diritti dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze e noi lo festeggiamo insieme a loro. Con l’amarezza di chi vede troppo spesso quei diritti calpestati, ma anche con la fiducia di chi non rinuncia a impegnarsi per un futuro migliore.
Fonte: Circolo Arci Crispiano