“Crispiano nel panorama rupestre”, questo è il tema dell’interessante relazione tenuta dal prof. Roberto Caprara, ex docente di lettere classiche, archeologo e ricercatore, nella sala consiliare del comune di Crispiano. A porgere il saluto il sindaco Laddomada, il vice sindaco Antonio Magazzini, il consigliere delegato alla cultura Sergio Sisto e il direttore della biblioteca Michele Annese. Presentato dalla dottoressa Annalisa Biffino, archeologa, che lo segue negli studi e nelle ricerche, il prof. Caprara ha mostrato ad un pubblico attento e qualificato tre affreschi, di fondamentale importanza iconografica e linguistica, presenti nell’habitat rupestre di Crispiano, che fanno del nostro territorio, già dal primo millennio di storia dopo Cristo, un crocevia importante di scambi culturali. “L’importanza di un luogo non è data dal numero delle testimonianze, ma dalla capacità di saper interpretare la loro singolarità”. L’intrigante complesso delle gravine tra Crispiano e Massafra è la testimonianza di una fervida vita di rapporti tra Oriente e Occidente delle civiltà antiche; case a pozzo, chiese scavate nella roccia presenti nel nostro habitat richiamano altrettanti santuari e chiese lontane. Caprara ha fatto scorrere sullo schermo immagini di chiese dell’ Anatolia, della Cappadocia, dell’Etiopia, di santuari indiani, di templi e monasteri, di chiese ipogee dell’Africa settentrionale, di moschee libiche scavate nella roccia. Poi ha fermato la sua attenzione su un rilievo da lui effettuato della chiesa ipogea “Cripta-pozzo in Carucci”, al confine tra Crispiano e Massafra. In essa ci sono due navate, non contemporanee. La misura di una è in piedi romani, quella di destra in piedi bizantini. Questa è l’unica chiesa, in ambito rupestre, in cui c’è un affresco rappresentante san Possidonio, vescovo di Calama, in Numidia (oggi Tunisia), discepolo e biografo di S. Agostino, sopravvissuto all’invasione dei Visigoti ariani e fuggito in esilio con un nucleo di fedeli (430 d.C). Nell’872 l’imperatore Ludovico II di Germania, nell’azione di conquista dell’emirato arabo di Bari, recuperò le reliquie del santo e le donò al Vescovo di Reggio Emilia, reliquie oggi venerate nel comune di S. Possidonio, in provincia di Modena. Si deduce, ha detto il prof. Caprara, che la tomba del santo fosse proprio in questa chiesa ipogea, certamente meta di molti pellegrini se fu necessario costruire una seconda navata. Da qui le spoglie partirono verso l’Emilia Romagna. Riguardo l’iconografia, solo in questa chiesa si trovavano un trittico con S. Possidonio e quattro dipinti, oggi rubati, rappresentanti quattro santi della Cappadocia, segno dell’intenso rapporto tra la società ricca e complessa del nostro territorio rupestre e il resto del mondo.
Un’altra rivelazione dell’archeologo riguarda l’immagine della Madonna nella chiesa “Panareddozza” (dal greco panerìa-endoxa, tutta santa) in contrada Lama di Rose, sempre al confine tra Crispiano e Massafra. Una chiesa anteriore al 7° secolo, nella quale, secondo l’interpretazione di Caprara, l’immagine del Cristo che alza la mano, dispiegando tre dita, non indica un Cristo benedicente, ma un Cristo che fa un gesto di allocuzione, che impone il silenzio prima di pronunciarsi; gesto che nelle chiese rupestri viene associato alla figura del Maestro o a quella di vescovi aventi autorità di magistero.
E’ stata inoltre superata dal prof. Caprara, un’altra convinzione condivisa da molti studiosi. Riguarda l’affresco della Madonna presente nella chiesa di santa Maria di Crispiano, nota come la chiesa della grotta del Castello. Vi è in questa grotta un’immagine che è un unicum nelle chiese rupestri pugliesi, segno di un intenso rapporto tra chi viveva nelle grotte e il lontano Oriente nel 1100-1200. Non è la Madonna dell’ Odegitria, come si è sempre ripetuto, ma una particolare deisis, simile ad un’altra immagine trovata a Chiev, ad un’altra trovata a Cipro, ad un’altra trovata a Bisceglie, conservata nel museo di Bari. La Madonna non mostra con la mano il Bimbo che fa un gesto di allocuzione, ma gli stringe la gamba (lo consola, consapevoli entrambi del futuro sacrificio), a sua volta il Bimbo abbraccia la Madre, (la tenerezza del Figlio presente nell’iconografia russa).
Un ultima conferma dell’importanza del nostro territorio rupestre, inserito in un circuito storico e culturale di vaste proporzioni, il prof. Caprara l’ha trovata nel suo lavoro di interpretazione di una iscrizione greca presente nella chiesa di santa Maria di Crispiano, accanto all’immagine del vescovo san Nicola. Il pittore, rivolgendo forse il pensiero alla sua famiglia, scrive “tecnes” per indicare la figlia, invece di “tecnon”, usato indifferentemente per il maschile e femminile. Questo dimostra che nell’area intorno a Taranto, verso il 1300, erano già giunte le innovazioni linguistiche del greco antico.
Fonte: Silvia Laddomada