notizie : Crispiano: I Nuovi Barbari

Con l’analfabetismo fra le mani e le schiene curve, i figli della nostra Crispiano negli anni 1950 se non volevano emigrare, dovevano affidarsi alla Divina Provvidenza, la stessa, che attraverso l’agricoltura aveva provveduto ai loro genitori. I giovani quarantenni di allora, avevano la cognizione che attraverso il lavoro potevano migliorare la loro condizione di vita. Occuparono terre, stipularono contratti ventinovennali. Questo, non bastava, occorreva essere istruiti. Così, impiegarono la loro intelligenza affinché i figli s’istruissero, conseguissero un diploma o una laurea; diventare operai o capiturno fra le “alte Moloch” (le ciminiere italsiderine che sputano fuoco e veleni).Agl’inizi degli anni 60 chi non poteva fare questo miglioramento, da contadino onesto e testardo volle avventurarsi nello sviluppo dell’agricoltura e, con la sua testardaggine riuscì ad unirsi creando una cooperativa vitivinicola. Si doveva riscattare un’intera vita di sacrifici che altri sfruttavano. Il 13 Aprile 1960 il Corriere del Giorno di Taranto – a firma Beppe Cavallaro- pubblicava la notizia: “ Dalla Cassa del Mezzogiorno assegnati 23milioni alla Cantina Sociale di Crispiano”. I Crispianesi riscattavano le loro catene possedute dagli industriali (Martini & Rossi – Torino) o, da commercianti saturi di disonestà. Crispiano, si avviava ad essere protagonista di rilievo in tutta la regione. Un gruppo di uomini (sedici in tutto) dimostrò che “ la terra promessa” poteva diventare il loro “ Eden”; altre persone invece, riuscirono a produrre “ gironi infernali” da far diventare quella stessa terra, “ Terra Bruciata”. Infatti, trent’anni dopo, il 22 Novembre 1990, l’assemblea dei soci “ Cantina Sociale di Crispiano” discuteva l’ordine del giorno : “ messa in liquidazione della cantina”. Amministratori, che avevano fatto poco gli amministratori e, tecnici, che avevano fatto poco i tecnici, si divisero il fallimento dei nostri contadini. Il lavoro e l’onestà degli agricoltori, non erano bastati e, non sarebbero stati sufficienti a fermare l’arrivo dei“ Nuovi Barbari”. La mappa delle zolle del nostro territorio si prestava ad essere ridisegnata. L’habitat del reddito agricolo per intere famiglie avrebbe cambiato località. Negli ultimi decenni si è stravolto il terreno dove si opera e, tutto, sembra confluire in altra direzione. I nuovi Attila hanno iniziato il loro lavoro facendo viaggiare immense distese di ulivi secolari. Aggirando le norme CEE, i nuovi impianti di vigneti già presenti nel nostro territorio consacreranno nuovi idoli. La “ Fermentazione Controllata “ dei vini inventerà qualsiasi palato da far gustare ai nuovi adulatori, nuovi sapori. Nelle nostre ridenti colline si parlerà una nuova lingua, forse Giapponese. Attualmente, contadini crispianesi, al di sotto di quarant’anni che praticano questo nobile lavoro, sono più che sufficienti le dita di una sola mano per enumerarli. I pochi produttori puntano a produrre diverse etichette (Malbec, Chardonnay, Merlot, Cabernet, Pinot, Fiano), pensano di conquistare folle d’acquirenti, fieri di dimostrare che loro c’è l’hanno fatta, nonostante che nel 2009, alcuni di loro si sono concessi il lusso di non vendemmiare. I nuovi barbari sono già in mezzo a noi. Spaventarsi, non riesce neanche ai bambini e pensiamo a nessun’altra persona, compreso chi presta ascolto a lingue orientali. Il catastrofico gratuito non siamo in grado di preventivarlo, consapevoli che, i più benevoli dei nostri lettori auspicherebbero eventi naturali favorevoli, diversi dagli scenari che tutti assistiamo impotenti. Nel frattempo, l’impero del grande Moloch (l’Italsider) continua a sputare fuoco e veleno. La povera vegetazione esistente, sistematicamente ogni anno viene incendiata; forse, nelle nostre comunità stiamo già centellinando un calice dal sapore amaro. Pur dotati di un virtuoso buon senso, rimane naturale indignarsi nei confronti di persone che riescono facilmente ad illudere il quotidiano vivere d’intere popolazioni. Non lo spopolamento delle campagne, non la mattanza d’interi greggi d’ovini o, i terreni abbandonati che rattristano, quello che indigna maggiormente è la forsennata corsa di furbi individui che raggirando le leggi e, da queste beneficiati, imitano con disinvoltura l’avanzata di vetusti barbari.

Fonte: Francesco Santoro