SABATO 23 GENNAIO 2010 alle ore 21.00
BRUNO TINTI
presenta
TOGHE ROTTE
Editore Chiarelettere
Prefazione di Marco Travaglio
La giustizia raccontata da chi la fa.
Il Libro:
Il cittadino che abbia voglia di capire perché molte persone condannate per reati finanziari le ritroviamo coinvolte in scandali successivi; perché perfino i reati più comuni (rapine, estorsioni, sequestri di persona, omicidi, ecc.) spesso sono commessi da gente che è già stata condannata per altri reati; perché il processo termina, nel 95% dei casi, con una sentenza di non doversi procedere per prescrizione.
Per capire perché accade tutto questo, è necessario sapere che cosa succede nelle aule dei tribunali e come si lavora nelle Procure.
Ecco un libro che finalmente lo racconta.
Se si supera lo choc di queste testimonianze offerte da vari magistrati e avvocati, sarà poi più facile valutare le esternazioni in materia di giustizia che provengono dal politico di turno, di volta in volta imputato, legislatore, opinion maker, e spesso contemporaneamente tutte queste cose. Accompagna le testimonianze un testo illustrativo ad uso dei cittadini, per capire come funziona la giustizia (la pena, i gradi di giudizio, le indagini, il processo ecc.).
L’autore:
Bruno Tinti è nato tanti anni fa, molti di più di quanto gli piacerebbe.
E’ procuratore aggiunto presso la Procura di Torino.
Ama andare in motocicletta, sciare, arrampicare, giocare a tennis, viaggiare in camper; insomma gli piace godersi la vita. In realtà ci è riuscito poco, perché ha sempre lavorato sodo, e sempre nel campo penale.
Nel lavoro è stato fortunato perché ha avuto come capi persone straordinarie, prima Mario Carassi e poi Bruno Caccia, morto ammazzato per le solite ragioni per cui si ammazza un magistrato: troppo onesto, troppo efficiente, intransigente, non condizionabile.
Da loro ha imparato sul campo tutto quello che è importante sapere per fare il magistrato, senza cui diritto e procedura servono a poco; anzi sono strumenti pericolosi.
Da più di venticinque anni si occupa di diritto penale dell’economia, falsi in bilancio, frodi fiscali, reati fallimentari e finanziari, tutta roba difficile da gestire nel contesto politico e giudiziario italiano.
Per qualche anno ha fatto anche il professore all’università, ma ha scoperto che era troppo faticoso: professore e Procuratore della repubblica riempiono due vite; e a lui quella che aveva serviva anche ad altro.
In tempi meno conflittuali è stato anche consulente di qualche ministro e ha scritto la legge che punisce i reati tributari, in vigore ancora adesso; solo che se ne lamenta tutte le volte che gliene parlano perché il Parlamento (tutti d’accordo, senza distinzione tra maggioranza e opposizione) gliel’ha cambiata e quella che è venuta fuori è l’ennesima legge fatta per non funzionare.
Questa stessa tecnica è stata utilizzata per quasi tutte le leggi che riguardano il suo settore professionale, reati societari e fallimentari in particolare; e così progressivamente il suo lavoro è diventato più o meno inutile.
Sicché un’altra cosa che dice sempre è che si è stufato di lavorare in un’azienda in cui entrano camion carichi di carta ed escono camion carichi di carta.
Ha cercato di trovare soluzioni nell’organizzazione del lavoro; si è specializzato in informatica giudiziaria, ha tentato assetti organizzativi degli uffici che ottimizzassero quella che lui chiama la gestione della «fuffa», in modo da lasciare tempo e risorse per fare i processi importanti.
Niente da fare. L’informatica è vista come una rottura di scatole da quasi tutti i magistrati che hanno da trentacinque anni in su; e poi comunque costa un sacco di soldi e ai politici non pare vero di aver trovato il sistema per tenere in pugno la giustizia.
E i processi da quattro soldi debbono essere obbligatoriamente trattati con lo stesso codice di procedura penale che si usa per fare un processo per omicidio; così naturalmente durano più o meno altrettanto.
Non sopporta i pregiudizi e quindi le fazioni: sicché non gli piacciono i «partiti» né le «correnti» in cui è divisa la Magistratura.
Anche lui non piace molto né agli uni né alle altre. Alla fine ha trovato qualche collega che aveva avuto le stesse esperienze; e tutti insieme hanno pensato di spiegare ai cittadini perché le cose vanno così male nella giustizia italiana.
Ne è uscito questo libretto.
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Il Presidente
Marcello Carrozzo
Fonte: Marcello Carrozzo