Lo scorso febbraio è uscito “Cantinaria”, il primo disco del ventitreenne cantautore crispianese Davide Berardi. Si tratta di una raccolta di canzoni folk che segnano i primi cinque anni di vita della band. Sul suo MySpace Berardi scrive: “Artisticamente posso dire di essere nato nel 2001 quando, con la mano sinistra, ho iniziato a suonare la chitarra destra che c’era in casa, al contrario, girando le corde consumate dai miei fratelli più grandi. Allora ho capito che la musica con la M maiuscola, beh non faceva per me: allora, sempre con quella mano sinistra ho iniziato a scrivere delle parole, poi delle frasi, poi delle storie, a volte inventate, altre accadute per davvero… ho continuato a scrivere senza fermarmi, senza pensarci su due volte, oppure pensandoci anche troppo…non perdendo mai il vizio di farmi accompagnare da quella mano sinistra che si diverte a strimpellare, quei quattro accordi che conosco…io non so dove mi fermerò…nessuno di noi conduce mai il viaggio che ha scelto di fare…”
Davide puoi presentarci il tuo primo cd “Cantinaria”?
“Cantinaria” raccoglie le canzoni più significative di questi primi cinque anni di vita della band che, con la pubblicazione, ha dato una più precisa connotazione al genere, nonché un ulteriore assestamento all’interno dell’intero progetto artistico. Quando un gruppo nasce quasi per gioco e dopo qualche tempo riesce a pubblicare un disco decisamente si creano nuovi stimoli e nuove coordinate per il proseguo delle cose.
Quante copie hai venduto?
Tra vendita nei negozi, dopo i concerti e naturalmente la vendita tam tam amici, amici degli amici, qualche persona incontrata al volo e qualche parente filantropo abbiamo prosciugato quasi tutte le mille copie stampate a febbraio. È pronta già una ristampa di 300 copie
Perché il nome “Cantinaria”?
Erano gli inizi del 2003: un giorno a pranzo Cisky, il batterista, mi telefonò perché dovevamo partecipare a una serata in teatro a Crispiano. Dopo qualche ora eravamo nella sua cantina (da qui il nome) per provare un po’ di cover di musica leggera. Sui nostri volti però era evidente l’insoddisfazione, noi volevamo divertirci mentre suonavamo e siccome qualche tempo prima avevamo anche suonato ad una festa qualche mio pezzo in dialetto che aveva riscosso molta simpatia ci siamo guardati in faccia e ci siamo messi a ridere. Beh il resto è tutto quello che dopo è stato.
Come definisci il tuo genere e a chi ti ispiri?
Mi piace immaginare quello che faccio come una nuova musica popolare che “sa” di oggi ma che non può tralasciare lo “ieri”, ovvero la nostra storia di pugliesi etno-folk ancor più che italiani d’autore. Le idee che grazie al contributo dei musicisti diventano poi canzoni prendono ispirazione dalla vita di tutti i giorni: tutto, se osservato con particolare attenzione, può essere ispirazione.
La settimana scorsa hai suonato a una manifestazione in Spagna. Parlaci dell’esperienza di Siviglia.
Siviglia è bellissima. Sono stato invitato da alcuni amici italiani per suonare in una manifestazione collaterale alla Biennal de Flamenco 2008: una festa della cultura e delle tradizioni italiane. Un’esperienza davvero unica in una città che mi ha stregato.
Cosa vuol dire fare musica, o comunque in genere un’attività artistica, a Crispiano?
In un periodo cosi particolare per l’arte, per la cultura, per l’economia e per la società in genere il luogo in cui svolgi un’attività diventa davvero relativo. Aldilà di questo, fare una cosa in cui credi ha bisogno di molti sacrifici, di costante esercizio e di parecchio studio. D’altra parte però quella cosa ti sa ripagare di soddisfazione e di realizzazione personale. A mio parere è il miglior carburante per camminare ancora.
Si parla sempre più spesso della crisi del cantautorato in Italia. Dai una tua opinione a proposito.
Evidentemente ci sono meno spunti di riflessione rispetto a stagioni più floride per i cantautori. Di certo gli anni ’60 e ’70 sono stati diversi da oggi, anche nel modo di comunicare o nel modo di fare musica. Penso che anche socialmente e culturalmente abbiano offerto di più. C’è da dire che oggi come oggi gli spunti sociali non mancano, a volte però o sono troppo deboli per provocare come un tempo o comunque l’attenzione dei cantautori non corrisponde alle esigenze di mercato per cui molti o ci rinunciano o si adeguano a temi più “comodi”. A tal proposito la parentesi spagnola mi ha portato fortuna: lì ho trovato delle idee molto interessanti per un potenziale nuovo cd.
Dove ti troveremo nelle prossime settimane?
Fino all’1 novembre sono a Prignano, vicino Modena. Farò uno spettacolo teatrale in cui recito, suono e canto per i 90 anni dalla fine della prima guerra mondiale. Al ritorno in Puglia ricomincerò a girare con i Cantinaria.
Progetti futuri?
Di sicuro brani nuovi per il disco che uscirà tra 2-3 anni. Intanto mi adopererò per l’allestimento dell’omaggio a Modugno con mio fratello Gianfranco e la band.
Fonte: Vincenzo Parabita