attualità : I tappeti: un patrimonio da salvare

Sono stati donati alla Biblioteca una rivista e un volume di grande interesse culturale dei quali si è voluto fare una recensione.
I trappeti hanno rappresentato fin dall’antichità una grande risorsa economica e, nell’attualità, motivo di interessanti ricerche antropologiche,tecniche, archeologiche,nell’ambito specifico del territorio pugliese e non solo,da parte degli studiosi del settore.
I ricercatori Gina Altavilla e Nicola Cavallo, in un articolo apparso sulla rivista Riflessioni-Umanesimo della Pietra,nel numero unico di Luglio 2004, dal titolo “Trappeti ipogei a Villa Castelli”,prima di documentarne l’esistenza nel loro paese, affrontano le motivazioni per l’utilizzo di ambienti ipogei sin dagli “albori dell’umanità”.
Sull’esempio degli animali – essi dicono- anche gli uomini primitivi cercarono negli anfratti, nelle grotte, riparo dalle inclemenze del tempo e dalle incursioni dei nemici.
Nelle grotte svilupparono la loro vita sociale, compirono i riti cultuali, come le grotte di Ascotano e di Abate Carl, nel territorio di Villa Castelli, testimoniano, conservando tracce di manifestazioni artistiche alle pareti.
Gli ipogei furono usati anche come luoghi di sepoltura. La deposizione di Delia, una donna incinta vissuta circa 24000 anni fa, nella grotta di S. Maria di Agnano ad Ostuni ne è l’esempio più esplicito.
Tre- aggiungono Altavilla e Cavallo- sono i tipi in cui si possono distinguere gli ipogei:
• quelli che non furono modificati, perché già ampi e inaccessibili agli estranei
• quelli che subirono ampliamenti, perché fatti di roccia tenera(tufo o panchina)
• quelli completamente ricavati dal banco roccioso determinando fenomeni di “architettura in negativo”(Petra in Giordania).
La scelta di vivere e di operare in ipogeo può essere stata determinata dal fatto che, già ad un metro e mezzo di profondità, si attenua la dispersione di calore e si eliminano gli sbalzi termici, microclima favorevole nelle fasi di lavorazione delle olive e di estrazione dell’olio.
Massimo Vidale ha accertato l’esistenza dei primi frantoi ipogei nell’area siro-palestinese ed anatolica.
Nelle nostre contrade i frantoi ipogei sono detti trappeti e autori con competenze specifiche hanno evidenziato che gli antichi manufatti, opportunamente ammodernati, hanno continuato a funzionare in ambiente suburbano rurale, compresi solitamente nell’area dei servizi delle masserie.
Purtroppo molti sono stati abbandonati in attesa di nuove destinazioni, cui sono state assicurate discutibili opere di “valorizzazione”.
A Villa Castelli è possibile ancora censire trappeti ipogei di tipo murgiano-salentino, in cui l’olio di oliva è stato prodotto con attrezzature tradizionali, utilizzando energia animale,umana e,infine,elettrica.
Alcuni di essi risalgono al Medioevo, altri al XVIII e XIX secolo. Tutti però si trovano nel perimetro esterno del paese e sono ricavate in grotte carsiche o ampliate nella roccia viva ad est e ad ovest del pendio o nelle vicinanze della Gravina Guardiola, che attraversa Villa Castelli.
Nell’area urbana si contano sei trappeti ipogei: Calandro- Palazzo- Nisi- Elia- della Gravina(o del Duca)- del Largo Chiesa Vecchia.
Il trappeto Palazzo,ad esempio, è stato ingoiato dalla urbanistica dall’ ‘800 –‘900 e sopraelevato ad uso abitativo.

Fonte: Michele Annese