(Quello che le cronache non hanno scritto)
Per il Centenario dell’Autonomia Comunale che ci si appresta a festeggiare, c’è un evento molto importante da ricordare ed è senz’altro il settantesimo anniversario dell’occupazione delle terre che vide le donne Crispianesi in prima linea.
Dopo il lungo periodo bellico del secondo conflitto mondiale, intere popolazioni continuavano la loro battaglia contro la fame. A Crispiano, numerose famiglie erano formate da otto/nove figli e, a volte, anche di più. La normale sufficienza dell’alimentazione rimaneva il traguardo principale da superare. In quel periodo, molti terreni fertili nel territorio delle Cento Masserie erano in mano ai latifondisti che in parte li tenevano incolti. Quando ingaggiavano i “dannati della terra” (donne e uomini) li schiavizzavano per oltre dodici ore al giorno, costringendoli ad accettare le asperità di qualsiasi tipo di lavoro.
I braccianti Crispianesi nel 1948, per scongiurare lo spettro della fame e sperando in un futuro migliore, decisero di organizzarsi ad occupare le terre incolte. Avvenne in una lontana mattina di settant’anni fa, di tarda primavera, poco dopo l’alba. Un nutrito gruppo di circa trecento fra donne e uomini con a capo Maria Giovanna De Cesare*, partendo dalla sede della Camera del Lavoro di Crispiano (naturalmente a piedi), si diressero verso le terre del Demanio (tra il confine di Crispiano e Taranto). Oltrepassando i costoni pieni di sterpaglie delle contrade Difesa–Belmonte, arrivarono a ridosso della piana della masseria Tudisco-Migliara, estesa circa 1450 tomoli (986 ettari). I terreni erano in maggioranza incolti. Proprietario dell’epoca era il Marchese don Francesco Antonio Calò.
Arrivati sul posto, i braccianti, si situarono a gruppi nella sterminata pianura, mentre alcuni di loro, con a capo la Signora De Cesare (vedova e con sette figli da sfamare) s’incamminarono verso i fabbricati della masseria. Il Marchese Calò, accortisi di quanto stava accadendo, inviò i suoi guardiani per informare le autorità del capoluogo tarantino. Pertanto, intervenne la Polizia-Celere e delle unità di Carabinieri. Alla De Cesare gli fu intimata di consegnare la bandiera dei lavoratori che sventolava con acceso vigore, ordine che lei respinse con veemenza continuando a sventolare la bandiera. Dopo quasi tutta la mattinata di forte contrasto fra i dimostranti e le forze dell’ordine, il proprietario giunse ad un compromesso. Il Marchese Calò, s’impegnava di effettuare una riforma agraria delle terre, con la stipula di contratti ventinovennali.
Per i nostri affezionati lettori abbiamo voluto riportare la sintesi, di quelle vicende storiche accadute a Crispiano. Le vicissitudini dolorose del 1948 e di Maria Giovanna De Cesare, saranno inserite nella rievocazione storica del Centenario dell’Autonomia (1919/2019) che, l’Accademia Musicale G. Puccini ha programmato da tempo. La rievocazione storica sarà incentrata sulle memorie scritte del 1° Sindaco di Crispiano Pasquale Mancini.
Gli eventi dell’occupazione delle terre intentate dai Crispianesi, se pur in misura minore, si potrebbero senz’altro affiancare a quelle tristi lotte contadine che avevano la fame in prima linea e che, quei “dannati della terra” Siciliani, insorsero a Portella della Ginestra, dove ebbero una conclusione funesta. (1 maggio 1947, furono uccisi 11 braccianti e oltre 50 feriti). Naturalmente, gli episodi Crispianesi furono molto meno tragici. Di tragico, vi era uguale la fame e la disperazione del vivere.
- A Maria Giovanna De Cesare gli è stata intitola una strada in Crispiano.
Qui e Ora Due Occhi Belli Crispius- Francesco Santoro